Pietrangeli chiama... i Modena rispondono
Data: Lunedì, 08 maggio @ 00:00:00 CEST Argomento: La Rassegna Stampa sui Ramblers
Il quotidiano Liberazione ha pubblicato oggi la risposta dei MCR - di Giovy
da Liberazione del 07/05/06
I "Modena" rispondono a Pietrangeli: "Contessa"? E' più viva senza i versi violenti
dei Modena City Ramblers
Riteniamo del tutto rispettabili le ragioni e le considerazioni espresse da Paolo Pietrangeli - a proposito della nostra riscrittura della sua
canzone “Contessa” - nell’articolo pubblicato sabato su “Liberazione”,
in quanto autore della canzone e in quanto testimone diretto di quegli
anni in cui la canzone venne composta. Naturalmente noi non siamo
d’accordo e brevemente esporremo il nostro pensiero.
Vorremmo però specificare, per chi non ci conosce bene, che nel nostro
primo disco datato 1994, Riportando tutto a casa (che oggi veleggia
verso le duecentomila copie vendute) compare proprio “Contessa”, con
testo originale ma melodia delle strofe cambiata.
Già allora ci fu chi storse il naso, ritenendo sacrilega la nostra rilettura melodica,
peraltro consistente nell’aver sostituito alla musica originale quella di un brano del gruppo punk folk irlandese dei Pogues. In quegli anni ’90 noi abbiamo sempre eseguito dal vivo, per più di cinquecento
concerti, la canzone in questione, “rilanciandola” presso il nostro
pubblico come simbolo di lotta e di militanza civile e politica.
Accanto a “Bella Ciao”, “Contessa” tornò anche ad essere un classico di tante
manifestazioni studentesche e di piazza.
Permetteteci l’immodestia (chi
ci conosce sa che non siamo adusi al sopravvalutarci): la versione
suonata in quelle occasioni spesso era, e ancora oggi è, la nostra. Non
perché siamo i più bravi, bensì perché ogni generazione ha la sua musica e i suoi musicisti di riferimento. E il nostro orgoglio sta proprio nel sapere di aver contribuito a consolidare “Contessa” quale inno
intergenerazionale.
La consacrazione in tal senso avvenne in occasione del nostro debutto al Concertone romano.
Era il 1996 e, col suo testo originale, “Contessa” fece ballare e cantare seicentomila persone in Piazza San Giovanni, venendo ripresa dalla televisione e dai telegiornali di quei giorni.
Sono passati da allora dieci anni. E di “cose” in Italia ne sono accadute.
Alcune ci hanno particolarmente colpito: prima il violento riaffacciarsi sulla scena delle Brigate Rosse, poi - una “cosa”
bellissima - con Seattle, la nascita del movimento anti-liberista, quello che è stato semplicisticamente definito “no-global”, e - una “cosa” bruttissima - gli scontri di Genova, l’orrore di Bolzaneto e
l’implosione e la dispersione di quel grande e variegato patrimonio di idee e rivendicazioni.
Eseguimmo per l’ultima volta “Contessa” nel
luglio del 2001, la sera dopo l’assassinio di Carlo Giuliani.
Cominciammo a sentirci a disagio nel cantare alcune parole di quella canzone, che rimandavano ad un mondo di scontri violenti che, a nostro parere, troppi avevano interesse a ricreare proprio per infrangere sul nascere le speranze di cambiamento che venivano dal Movimento.
Ma “Contessa” non è più solo una canzone d’autore, bensì è divenuta canzone
folk, popolare, come lo stesso Pietrangeli indirettamente ha riconosciuto nel momento in cui, da noi interpellato (pur esprimendoci
imbarazzo e disappunto dinanzi ai cambiamenti prospettatigli) ci ha detto di fare «quel che volevamo, in quanto la canzone non ha copyright».
Da sempre le canzoni popolari sono oggetto di “revisione”, nel senso più positivo del termine. Chi le canta spesso le adatta ai
tempi e alle circostanze, ne dà sostanzialmente una sua “interpretazione”, talvolta stravolgendone anche il senso (si pensi alle diverse versioni di “Bella Ciao” o, rimanendo in tema di brani tradizionali da noi interpretati, “Figli dell’officina”).
Non più tardi di un mese fa, l’ormai ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel suo tentativo di screditare l’avversario politico ha in televisione paventato che «la sinistra, in particolare la sua area
massimalista, vuole rendere uguali il figlio dell’operaio e il figlio del professionista», quasi questo fosse un progetto eversivo e
rivoluzionario anziché un valore, più che un obiettivo, che è insito nello stesso dna costituzionale dell’Italia Repubblicana.
In quel momento abbiamo capito che c’era più che mai bisogno di riportare l’inno
nelle piazze. Con le parole in cui noi ci identifichiamo nel 2006.
L’abbiamo fatto in Piazza San Giovanni a Roma, dinanzi a un milione di
persone. Ne siamo orgogliosi, perché crediamo che nulla di ciò che lo
spirito di “Contessa” incarna sia stato perduto sostituendo quei pochi
versi “violenti”.
I compagni dai campi e dalle officine per noi oggi sono i precari e i sottopagati. E la falce e il martello devono sempre scendere in piazza, come simbolo di ideali e lotta per l’uguaglianza e la difesa dei diritti dei lavoratori.
Convinti che l’unica risposta possibile per cambiare il sistema è il manifestare uniti e
portare i nostri rappresentanti in Parlamento.
Dieci anni fa chi ci seguiva aveva la nostra età, ed era automatico contestualizzare
opportunamente il testo della canzone. Oggi per noi, e ce lo dimostrano le migliaia di ragazzi che ci seguono - che spesso hanno una conoscenza piuttosto “mediata” della storia d’Italia - è importante evitare fraintendimenti e strumentalizzazioni.
L’aver ricantato “Contessa” riadattata può piacere o non piacere, e
anche irritare… Noi ci riconosciamo pienamente, e siamo convinti che il
suo messaggio non ne esca edulcorato, bensì attualizzato e integro.
Abbiamo osato. Crediamo sia anche questo il ruolo del musicista, non
solo salire sul palco davanti a un pubblico e andare sul sicuro
proponendo l’hit del momento e evitando di esporsi.
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