24 marzo ‘76: l’Argentina negli artigli del Condor
Data: Venerdì, 24 marzo @ 10:00:00 CET Argomento: Per Non Dimenticare
La dittatura militare, il genocidio silenzioso, il coraggio di un italiano scomodo.
30 anni fa, nella notte, scattò l’”Operazione Condor” e l’Argentina entrò nel periodo più buio della sua storia. A un anno e mezzo di distanza del tristemente famoso golpe cileno, anche gli argentini conobbero gli orrori della dittatura militare, quella del generale Jorge Rafael Videla.
Quella che portò alla strage premeditata di circa 30000 oppositori, quasi tutti ragazzi e ragazze (molte delle quali incinte), scomparsi nel nulla, “desaparecidos” appunto, oltre a 2300 omicidi politici, 10000 arresti, migliaia di esiliati.
Quella che agiva di notte, con le grosse macchine verdi senza targa che venivano a prelevare all’improvviso, poi via, verso i 368 campi di concentramento clandestini, verso le torture, verso il nulla.
Quella che, con una ferocissima censura e l’uccisione di oltre 100 giornalisti, fece sì che si tacesse, non si scrivesse, come se quei 30000 non fossero mai esistiti.
Quella a cui le madri di quei ragazzi non si dettero per vinte, manifestando coraggiosamente e fieramente per 1500 giovedì di seguito in Plaza de Mayo e per 25 “Marchas de la Resistencia” di 24 ore, per chiedere verità e giustizia sulla sorte dei loro figli, denunciando pubblicamente le atrocità del regime.
Quella di cui i governi stranieri, compreso quello italiano, tramite l’occhio delle ambasciate e dei consolati, conoscevano le illegalità commesse, ma fecero finta di non vedere, negando salvezza ai disperati che si recavano presso di loro.
Quella a cui un funzionario poco più che trentenne del consolato italiano, Enrico Calamai (in collaborazione con un sindacalista della CGIL, Filippo di Benedetto), a rischio della vita, cercò di strappare il maggior numero possibile di innocenti, procurando passaporti falsi, salvacondotti per l’Italia, ma operando in totale disaccordo col console generale e altri funzionari, che preferivano passare i pomeriggi a giocare a tennis con i generali argentini o iscriversi alla P2, e per questo ben presto sollevato dall’incarico e rispedito a Roma (maggio’77 – ebbe comunque il tempo di aiutare e mettere in salvo circa 300 persone).
Al 1500esimo giovedì consecutivo, alla 25esima “Marcha de Resistenza”, le madri di Plaza de Mayo hanno deciso (giusto un paio di mesi fa) di non marciare più, o almeno non per 24 ore di fila. Perché questa decisione? Certo anche per l’età (quelle rimaste hanno tutte tra i 74 e i 93 anni), ma soprattutto perchè solo oggi, con la presidenza Kirchner, le madri hanno ottenuto che “il Nemico non abiti più alla Casa Rosada”. La dittatura militare, infatti, terminò sì nel 1983, ma i successivi governi non furono di certo “compiacenti” e di elevato tenore democratico, impedendo per anni, anche con leggi vergognose (ora abrogate) che si facesse luce e giustizia su quei crimini.
Ma se in Argentina si sta finalmente compiendo un percorso atteso da decenni, rimangono aperti altri interrogativi irrisolti e inquietanti che riguardano le responsabilità di altri paesi accondiscendenti (e per questo complici) con la dittatura argentina. Tra questi, purtroppo, l’Italia.
Grazie Spiv per la segnalazione; riceviamo e pubblichiamo.
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