AL DIEVEL da "La grande famiglia"
AL DIEVEL
da "La
grande famiglia" (3'26"), "Raccolti"
(3'40"). Nella versione
di "Appunti Partigiani" (3'47") il coro delle mondine di Novi
di Modena
Dedicata a Germano
Nicolini, "comandante Diavolo", accusato e processato per
un omicidio (Don Pessina) non commesso. Come recita la canzone dopo quarant'anni
e dieci anni di carcere è stato prosciolto e dichiarato assolutamente estraneo
al fatto.
In dla basa svein
a Curès / andom a pianter di èlber
dop quarant'an e des ed galera / un om l'è ste tolt dal fang
e tòti cal pianti ch'i posen servir / a der a c'l om là al respir
c'al posa campèr duseint an incàra / 'na volta lèber dal
suspet
C'al veint e i usèe i posen purter / luntan al paroli ed la veritèe
c'as sapia in gir che c'l om là l'è ste / un dievel sol p'r i
tedasc
E se po' un quelchidun dap al dumèla / l'andrà incàra a
tac a sta storia
cuntela bein ai vostri anvòo / la vicenda del comandante diavolo
un om c'l'a ciapè al colpi d'un eter / perché a'n vliva mia fer
la spia
a gh'è ches cl'ava pèrs quel in dal cor / ma mai dal partigian
al curag
C'al veint e i usèe i posen purter / luntan al paroli ed la veritèe
c'as sapia in gir che c'l om là l'è ste / un dievel sol p'r i
tedasc
Traduzione dal dialetto
modenese:
Nella bassa vicino a Correggio / andiamo a piantare degli alberi
Dopo quarant'anni e dieci di galera / un uomo è stato tolto dal fango
E tutte quelle piante che possano servire / a dare a quell'uomo il respiro
Che possa vivere ancora duecento anni / una volta libero dal sospetto
Che il vento e gli uccelli possano portare / lontano le parole della verità
Che si sappia in giro che quell'uomo è stato / un diavolo solo per i tedeschi
E se poi qualcuno dopo il duemila / tornerà ancora su questa storia
raccontatela bene ai vostri nipoti / la vicenda del comandante Diavolo
Un uomo che ha preso le colpe di un altro / perchè non ha voluto fare la spia
Può darsi che abbia perso qualcosa nel cuore / ma mai del partigiano il coraggio
Che il vento e gli uccelli possano portare / lontano le parole della verità
Che si sappia in giro che quell'uomo è stato / un diavolo solo per i tedeschi
La marcia del Diavolo
Nell'album La grande famiglia i nostri vagabondi propongono la song Al Dievel,
dedicata a Germano Nicolini, ex partigiano, ex sindaco di Correggio nell'immediato
dopoguerra.
L'incontro tra i Ramblers e quest'uomo avviene a Correggio al concerto di Materiale
Resistente, che, dal palco, fà un'intervento commovente: parla della
sua vicenda di uomo e di politico persegiutato da un'ingiustizia disumana, iniqua
e corrotta, nel dopoguerra emiliano.
Don Umberto Pessina, parroco di San Martino Piccolo nell' "Emilia Rossa",
viene ucciso da due colpi di arma da fuoco il 18 giugno 1946. Durante il funerale,
tra la folla impaurita e piangente, il vescovo Socche lancia una scomunica contro
i colpevoli. Ma l'omicio don Pessina produce un'altra vittima: il partigiano
Germano Nicolini, noto come "Diavolo", al tempo sindaco di Correggio.
Diavolo verrà ingiustamente accusato prima di essere l'esecutore e poi
il mandante dell'orribile delitto. Giudici, sacerdoti e gerarchie del Vaticano
e della chiesa locale, partiti, in prima fila il partito comunista di Reggio
Emilia, concorrono a tenere nascosta la verità e sostengono l'infame
accusa contro un uomo giusto e coraggioso. Nicolini viene arrestato e incarcerato
il 13 marzo 1947. Rimarrà in carcere fino alla fine del 1956. Dichiarato
innocente e totalmente estraneo alla vicenda nel giugno 1994. Dal giorno dell'arresto
e dell'accusa di omicidio, al giorno dell'assoluzione con formula piena, per
non avere commesso il fatto, passano 47 anni.
A chi fosse interessato ad approfondire il tema consigliamo il libro di Frediano
Sessi "Nome di battaglia: Diavolo" edito Marsilio "gli specchi"
(una scheda potete trovarla nella Biblioteca
de La Grande Famiglia).
Il 'Diavolo'
non dimentica (da
la Gazzetta di Reggio, giugno 1996)
Nicolini innocente dopo 50 anni: l'amaro silenzio
L'uccisione di don
Umberto Pessina ha fatto discutere per mezzo secolo. Tre innocenti (Germano
Nicolini, Ello Ferretti e Antonio Prodi) finirono in carcere dopo l'omicidio
del 18 giugno 1946, nonostante l'ammissione di responsabilità da parte
di due dei tre veri partecipanti alla ronda davanti alla canonica (Cesarino
Catellani ed Ero Righi, all'epoca condannati per autocalunnia).
Al testimone chiave del delitto, Antenore Valla, la «confessione»
fu estorta con la tortura (un cerchio metallico stretto attorno al cranio) dagli
uomini del capitano dei carabinieri Pasquale Vesce, guidato nelle indagini dal
vescovo Beniamino Socche. I tre innocenti furono condannati a 22 anni, di cui
una decina scontata in cella. Vesce ottenne dal Papa la commenda pontificia
dell'Ordine cavalleresco di San Silvestro e divenne generale.
Nel 1990 l'onorevole Otello Montanari invitò a fare luce sui delitti
del dopoguerra, e il procuratore Elio Bevilacqua riaprì il caso. William
Gaiti, il terzo della ronda, confessò di avere sparato a don Pessina.
Nel 1993 la Corte d'assise di Perugia prosciolse Gaiti, Righi e Catellani in
virtù dell'amnistia del 1946 sui delitti del dopoguerra; nel 1994 la
corte d'appello assolse Nicolini, Ferretti e Prodi.
Germano Nicolini, classe 1919, cattolico, comandante del terzo battaglione Sap
della 77ª brigata Manfredi con il nome di «Diavolo», fu arrestato
poco dopo essere stato eletto sindaco anche con i voti Dc. Dopo la condanna
come mandante dell'omicidio, fu radiato dall'esercito e interdetto dai pubblici
uffici. Assolto 45 anni dopo il delitto, ha ottenuto la medaglia d'argento al
valore militare.
Nel novembre 2000 il ministro Gianni Mattioli durante un incontro pubblico ha
chiesto scusa a Nicolini a nome del padre Pietro, che nel 1953, in qualità
di pubblico ministero, chiese e ottenne la sua condanna. Gianni Mattioli all'epoca
vide venire per due volte monsignor Socche a casa sua per chiedere al padre
pubblico ministero la condanna del «Diavolo».
Nicolini fu stritolato prima dalla Chiesa, che cercava a tutti i costi un capro
espiatorio per i delitti post-bellici e lo trovò nel giovanissimo partigiano
e sindaco dell'Emilia rossa; poi dal partito comunista, al quale lui, cattolico,
aveva aderito perché all'epoca - quando non si conoscevano le aberrazioni
cui il comunismo avrebbe portato nel mondo - credeva che quella fosse la vera
strada per mettere in pratica il Vangelo, dopo 2000 anni di potere spirituale
e temporale da parte della Chiesa. Il Pci, prima omertoso e poi contrario alla
revisione del processo, non fece nulla: preferì far restare in galera
tre innocenti che non potevano rivelare nulla sui veri colpevoli e sulle coperture
del partito.
Ora Nicolini non vuole commentare la vicenda che ha stravolto la sua vita, anche
perché sono ancora in piedi una querela fatta (al professor Spreafico)
e una ricevuta (dagli eredi dell'avvocato Grandi, vicesegretario Dc dell'epoca)
per quanto è stato pubblicato in questi ultimi anni. Anche per questo
Nicolini non riesce a dimenticare la «macchinazione» che ha travolto
una persona onesta, un bravo giovane che si trovò nel posto sbagliato
(sindaco della rossa Correggio) nel momento sbagliato.