Ricordare Srebrenica - 2
Data: Martedì, 17 maggio @ 13:31:07 CEST Argomento: Per Non Dimenticare
Per non dimenticare uno dei massacri più atroci della storia dopo la seconda guerra mondiale sotto gli occhi INDIFFERENTI dell'ONU.
Tratto dal sito www.macondo3.org
È chiaro a tutti che all'inizio dell'estate del 1995 la guerra in Bosnia-Erzegovina sta per finire. Le forze in campo cercano a tutti i costi di raggiungere sul campo gli obbiettivi sottoscritti tra il presidente della federazione jugoslava, Slobodan Milosevic, il presidente della comunità musulmana, Alija Izetbegovic e il presidente della Croazia, Franjo Tudjman, con l'assenso delle potenze internazionali: il 51% del territorio della Bosnia ai croato-musulmani e il restante 49% ai serbo-bosniaci. Unici ostacoli i quartieri della capitale Sarajevo in mano ai serbi e le zone protette dall'Onu, vale a dire Zepa, Goradze, Biach e Srebrenica, enclave musulmane in un territorio completamente in mano alla Repubblica Srpska. In particolare a Srebrenica, un tempo graziosa cittadina termale e di minatori, e nei suoi immediati dintorni vivono dal 1993 circa 40.000 bosniaci di religione musulmana, con una nutrita presenza di profughi e di persone espulse da altre città e paesi della regione. L'assedio è duro e spietato, mancano cibo e medicine e la popolazione è allo stremo; la presenza di un contingente (francese prima e olandese poi) dell'Unprofor nella vicina Potocari, costretto al non intervento dalle disposizioni internazionali, garantisce solo che la città non capitoli definitivamente.
Improvvisamente il 30 maggio del 1995 l'Onu dichiara che le forze di interposizione dei Caschi Blu in Bosnia debbano farsi da parte. Una scelta fatale, che testimonial'ambiguità del Palazzo di Vetro nei confronti di Srebrenica: immediatamente, il 9 luglio, l'esercito serbo-bosniaco, guidato dal generale Ratko Mladic, inizia così a bombardare la città. I Caschi Blu, obbligati al non-intervento, cercano di convincere la popolazione musulmana ad arrendersi, garantendo un intervento aereo della Nato che non arriverà mai. I serbo-bosniaci, che nel frattempo sono riusciti a farsi consegnare i loro armamenti dai Caschi Blu olandesi che temono una possibile rappresaglia nei loro confronti, entrano in città l'11 luglio a bordo dei blindati bianchi dell'Onu. La popolazione di Srebrenica si accorgerà dell'inganno troppo tardi. Le due settimane successive vedono rastrellamenti, uccisioni, stupri e fughe in massa di donne, vecchi e bambini, soprattutto verso Tuzla. Quasi 8.000 uomini dai 14 ai 70 anni vengono fatti prigionieri dalle truppe di Mladic: moriranno tutti. Divisi in gruppi di centinaia vengono trasportati a bordo di camion nei centri vicini (molti a Zvornik), dove sono massacrati e sepolti in fosse comuni in gran segreto. La città, ormai svuotata dei propri abitanti, viene così presa d'assalto da famiglie serbo-bosniache, quasi tutte profughi a loro volta, che alterano completamente la cifra etnica della cittadina.
Inizialmente negato dalle autorità serbo-bosniache e jugoslave, ciò che è successo a Srebrenica è il pìù considerevole massacro della storia europea dalla fine della seconda guerra mondiale. Fino a oggi circa 6.000 vittime sono state ritrovate fra i boschi e in fosse comuni; nel Memoriale di Potocari, al tempo stesso uno sterminato cimitero musulmano e un maestoso monumento alla memoria presso Srebrenica, ne sono sepolte 989, mentre oltre 5.000 corpi esumati aspettano ancora i risultati dei test del Dna per essere ufficialmente identificati. I principali responsabili, come il presidente della Republika Srpska Radovan Karadzic e il suo generale Ratko Mladic, sono stati accusati dal tribunale dell'Aja come criminali di guerra, ma sono attualmente latitanti, potendo contare ancora su connivenze e protezioni. Solo Slobodan Milosevic, presidente serbo della ex Federazione Jugoslava, è attualmente detenuto nella città olandese anche se, in relazione a questo specifico capo di accusa, nega di aver avuto alcun ruolo nel massacro.
Ancora oggi Srebrenica è una città spettrale, dove i segni dei bombardamenti e delle violenze sono tuttora visibili, dove mancano le infrastrutture più basilari e dove l'economia è quasi del tutto azzerata. Il governo ha comunque avviato un'opera di rientro graduale delle famiglie musulmane sfollate, anche se il processo si rivela di non facile attuazione, a causa del fatto che la maggior parte delle case non sono ancora state ricostruite.
Riceviamo e pubblichiamo. Grazie fabry8!
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