LA GUERRA DI PIERO
da "Appunti Partigiani" (3'47")
LA
GUERRA DI PIERO
da "Appunti Partigiani" (3'47")
Di Fabrizio De Andrè. Guerre mondiali, guerre civili,
guerre lampo, guerre preventive, guerre con armi intelligenti... cambiano i
termini ma ciò che non cambia e non cambierà mai è l'orrore
del combattimento, il dover sparare per primo se si vuole salvare la pelle.
Piero Pelù alla voce.
È una delle più celebri ballate di De André, e costituisce - soprattutto
in relazione alla data in cui fu scritta (1970) - una delle rare versioni italiane
degli ideali pacifisti cantati oltreoceano da Bob Dylan e Joan Baez. "Un solare
inno pacifista ed antimilitarista", l'ha definita Marco Pandin."Il protagonista
è un soldato, Piero, che in una luminosa giornata di primavera, dopo un lunghissimo
cammino iniziato nel cuore dell'inverno, varca il confine che divide due nazioni.
Mentre riflette sull'inutile ferocia della guerra, vede in fondo alla valle
un soldato nemico che certamente prova le sue stesse paure ed è tormentato dai
dubbi. Pur consapevole che soltanto uccidendolo potrà salvarsi, Piero appare
indeciso sul da farsi. Quell'incertezza, frutto di un atto istintivo di umana
solidarietà, gli sarà tuttavia fatale, perché l'avversario, accortosi del pericolo,
non esiterà a sparargli" (P. Briganti - W. Spaggiari, Poesia & C., Zanichelli,
Bologna 1991, p. 434). La follia della guerra viene denunciata senza lanciare
proclami, ma con quasi rassegnata tristezza. L'unica colpa di Piero è di non
aver ucciso un uomo con la divisa di un altro colore, non per vigliaccheria,
ma, per un senso di fratellanza; per la consapevolezza di essere (come il nemico)
una semplice pedina di un gioco disumano ed assurdo, che schiera umili
contro umili in una lotta senza senso.
Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma son mille papaveri rossi
lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i lucci argentati
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente
così dicevi ed era inverno
e come gli altri verso l'inferno
te ne vai triste come chi deve
il vento ti sputa in faccia la neve
fermati Piero, fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po' addosso
dei morti in battaglia ti porti la voce
chi diede la vita ebbe in cambio una croce
ma tu non lo udisti e il tempo passava
con le stagioni a passo di giava
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel giorno di primavera
e mentre marciavo con l'anima in spalle
ho visto un uomo in fondo alla valle
aveva il mio stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore
sparagli Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue
e se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore
e mentre gli uso questa premura
quello si volta, mi vede e ha paura
ed imbracciata l'artiglieria
non mi ricambia la cortesia
cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chiedere perdono per ogni peccato
cadesti interra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe più stato un ritorno
Ninetta mia crepare di maggio
ci vuole tanto troppo coraggio
Ninetta bella dritto all'inferno
avrei preferito andarci in inverno
e mentre il grano ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi un fucile
dentro alla bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole
Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.