Succede in Equador
Data: Domenica, 24 aprile @ 11:30:00 CEST Argomento: Succede nel Mondo
Il presidente Gutierrez è stato cacciato tramite un'insurrezione popolare.
Da Carta.org il racconto di Giovanni Allegretti su quanto sta succedento a Quito
I recenti successi della rivolta popolare in Ecuador hanno fatto il giro del mondo, ma non sembrano sorprendere nessuno. Per la terza volta in otto anni, un governo eletto democraticamente viene defenestrato prima della fine del suo mandato e ancora una volta il parlamento nazionale ha dovuto conferire il potere ad un governo di transizione guidato dall'ex-vicepresidente, che di certo convocherà elezioni anticipate e cercherà di dare nuovamente avvio a un percorso ormai ricorrente in questo paese sudamericano di 13 milioni di abitanti.
Il governo del Colonnello Lucio Gutierrez è caduto per colpa dei suoi stessi errori e delle sue ambiguità. Eletto con l'appoggio del potente movimento indigeno ecuadoriano Pachakutik e di vari settori della sinistra, il presidente ha avuto bisogno di appena sei mesi per rompere l'alleanza e dare avvio ad una campagna, parzialmente riuscita, per dividire e frammentare gli indigeni ecuadoriani. Al contempo, ha cercato di avvicinarsi alla destra proclamandosi "il migliore alleato degli stati Uniti", dichiarazione non secondaria nel contesto del cosiddetto "Plan Colombia", l'aggressiva proposta dell'Amministrazione Bush per combattere la violenza, la guerriglia ed il narcotraffico colombiano.
Alla fine del secondo anno di governo, Gutierrez ha rotto con la destra e con una serie di manovre oscure è riuscito a dar forma ad una nuova caolizione parlamentare, stavolta accordandosi con due partiti populisti, uno dei quali guidato dall'ex presidente Abdalá Bucaram, esiliadt a Panama e ricercato dalla magistratura ecuadoriana por reati di peculato. In seguito a ciò, il parlamento ha sciolto la Corte Suprema di Giustizia, accusandola di esser troppo politicizzata, e l'ha sostituita con un'altra che in pochi giorni ha disposto l'archiviazione dei processi contro Bucaram, rientrato immediatamente in Ecuador per annunciare la ripresa della sua oscura carriera politica.
I partiti politici di opposizione, indeboliti e divisi, non sono riusciti a trovare una formula per affrontare le flagranti violazioni costituzionali e legali. Ma proprio mentre tutto appariva terminato, hanno cominciato ad affermarsi e rendersui visibili due attori politici nuovi che in sequenza si sono assunti il ruolo di difesa delle istituzioni democratiche: Inizialmente sono stati gli amministratori locali di Quito, Guayaquil y Cuenca, le tre principali città ecuadoriane, che hanno guidato lo scontento della cittadinanza e sviluppate numereose azioni di rifiuto delle manovre del governo e della nuova maggioranza parlamentare. Indubbiamente, il fatto che in molti paesi dell'America latina si portino sul piano del confronto le contraddizioni che separano governi locali e potere.
Ma già in una settimana, questo ruolo di guida si è sgonfiato. In maniera del tutto imprevista, i cittadini hanno ripreso da soli il conflitto, iniziando una serie di proteste notturne - spontanee e pacifiche - che in appena sette giorni hanno ottenuto la caduta del governo, incapace di comprendere questo processo e di riformulare le proprie decisioni. Queste ultime sono divenute sempre più sbagliate e - in fase finale - anche estremamente violente. L'indignazione dei cittadini è esplosa mercoledì 20 in una piccola rivoluzione 'della classe media' della capitale, che ha visto in primo piano studenti, famiglie ed impiegati. Quello stesso giorno, le Forze armate hanno ritirato il loro appoggio al Presidente che ha dovuto chiedere asilo politico all'ambasciata brasiliana per sfuggire all'ira popolare. Come sempre in Ecuador, un colloquio con l'ambasciatrice americana ha segnato il momento della rinuncia del Presidente, privato dell'ultimo sostegno a cui ambiva.
Le manifestazioni si sono svolte in zone diverse della città - sotto la guida dell'emittente Radio Luna e del suo giornalista principale Paco Velasco - in modo da evitare attacchi della polizia in grandi spazi di concentrazione, e anche al fine di bloccare all'entrata di Quito i sostenitori prezzolati del Presidente Gutierrez, fatti venire in massa dalla provincia e dalla costa. Gli autoproclamati 'forajidos' (che hanno adottato il termine di 'delinquenti' usato contro di loro da Gutierrez) hanno animato manifestazioni pacifiche creative e i tre morti delle battaglie campali dell'ultimo giorno sono stati più il frutto degli attacchi di mercenari prezzolati da alcuni membri del governo che un esito della reazione dell'esercito, rimasto sostanzialmente fedele alla sua centenaria cultura di rispetto per la popolazione civile.
Se si vogliono cogliere appieno le radici dell'ingovernabilità ecuadoriana (che in otto anni ha portato il Paese a cambiare ben sette presidenti) non si può dimenticare come il paese sia sachiacciato dal peso di un enorme debito estero, segnato da un'economia dollarizzata che ristagna e perde spazio nell'attuale processo di negoziazione di un trattato di Libero Commercio con gli Usa che coinvolge anche il Perú e la Colombia, mentre il livello delle disuguaglianze sociali raggiunge quello brasiliano, ponendosi al secondo posto in America latina. A sua volta, il sistema politico ecuadoriano pare concentrare in se stesso tutti i difetti e i mali della democracia rappresentativa: la corruzione, il clientelismo, il 'caudillismo', etc - ormai moneta corrente pressoché in tutti i partiti politici, non escluso quello indigeno.
Inizialmente, le grida ed i graffiti murari a Quito dicevano: "¡Fuori Lucio!" Negli ultimi giorni gridano "¡Fuori Tutti!". La cittadinanza della capitale (e non solo) esprime in tal modo la disperazione, la disillusione e la crisi profonda che vive l'Ecuador. E c'è chi si domanda, seppur a voce bassa, se "L'Ecuador (come altri paesi affini dell'America Latina e dei Caraibi) sia un paese che potrà mai trovare un suo spazio nel mondo globalizzato del XXI secolo".
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