LIBERATE GIULIANA! ...Giuliana RESISTI!...
Data: Giovedì, 17 febbraio @ 14:02:11 CET Argomento:
Pubblichiamo la Lettera del Manifesto .
Giuliana Sgrena rapita in Iraq
Giuliana
Giuliana Sgrena è stata rapita oggi a Baghdad da uomini armati.
Secondo l’interprete, era appena uscita dalla moschea Al Mustafah, dove
voleva parlare con le famiglie dei rifugiati da Fallouja. L’auto è
stata fermata da uomini armati, che hanno fatto scendere l'interprete e
l'autista. Mentre la portavano via, Giuliana ha chiamato al telefono la
giornalista Barbara Schiavulli, con cui spesso lavorava, e lei ha
sentito rumori di sottofondo, una raffica di colpi e passi sulla strada
bagnata. Abbiamo avuto così la notizia.
04/02/2005
il manifesto del 05/02/2005
Giuliana
Cara Giuliana, scusa se ti scriviamo una lettera che non potrai leggere
subito ma solo tra un po', quando - come ogni mattina - ci telefonerai
per dirci quale pezzo d'Iraq raccontare ai nostri lettori, come stavi
per fare ieri. Scusa se ti mettiamo in prima pagina, ma oggi la notizia
sei tu e il nostro mestiere - nel suo lato migliore - è proprio questo,
parlare di ciò che succede, raccontando le linee d'ombra, ciò che
magari non appare, ciò che non è «ufficiale», ciò che accade alle
persone in carne e ossa. Dovrebbe essere un mestiere di confine e
proprio per questo «uno dei pochi che valga la pena fare», diceva uno
scrittore messicano; a volte è ridotto a piccola cosa, ma dipende da
noi renderlo vero. Per questo tu ora sei lì, in Iraq, dove sei stata
già tante volte, un paese che ami - non in senso astratto - ma perché
ami la sua gente martoriata da troppi anni di guerre, dittatura,
embarghi, terrorismo. Per questo hai voluto correre il rischio che
sempre c'è a non restarsene in albergo, limitandosi a rilanciare i
dispacci ufficiali, scendendo invece in strada a cercare la verità, le
sue difficili ambiguità. Stiamo «dalla parte del torto», è vero ed è un
bene. Cara Giuliana, a ogni vigilia di un tuo viaggio - come alla
vigilia dei viaggi che ognuno di noi stava per fare in «zone difficili»
- ci incontravamo non solo per stilare il programma di lavoro, ma anche
per chiederci il senso di quella «missione», per dirci se ne valesse la
pena. Ma la risposta è sempre stata - e sarà - la stessa: «Vale la
pena, serve a noi per capire e far capire, serve alla nostra parte,
gente che per non essere prigioniera di questo mondo deve essere in questo
mondo». E poi è anche bello, accidenti se è bello, poter guardare e
descrivere la vita in libertà, che è la storia di questo giornale,
pagata con un'esistenza un po' precaria o, peggio, rischiando brutti
incontri. E' un privilegio che ci teniamo stretti, perché rinunciarci
sarebbe magari comodo ma terribilmente triste, una violenza contro noi
stessi.
Cara Giuliana, ora tu sei tra persone sconosciute e che si pensano
ostili. Non vale neanche la pena dirti che è come se fossimo lì con te
e, con noi, tante altre persone, che ti conoscono o ti leggono, che
ieri hanno chiamato o sono venuti a trovarci. Quasi non serve
ricordartelo, tu lo sai già. Come saprai dire anche a chi ti ha
sequestrata l'insensatezza di quel gesto, lo stesso modo con cui hai
saputo spiegare a noi e a tutti la follia della guerra, di una
«democrazia» imposta con le armi, del terrorismo. Proprio con le
medesime parole che hai usato in questi anni sul giornale. In questo
momento, anche se siamo preoccupati - insieme ai tuoi cari e ai tuoi
amici - noi non lanciamo appelli, non facciamo abiure, non pietiamo
nulla a nessuno. Vorremmo solo che la grande solidarietà che in queste
ore è stata pronunciata nei tuoi confronti si traducesse in qualcosa di
concreto. Chi ha scatenato la follia che è ricaduta su di te ha il
dovere di muoversi per farti tornare libera al più presto. Chi ti ha
sequestrata deve ascoltarti e convincersi che non sei nemica di nessuno.
Cara Giuliana, qualcuno sta già dicendo che il tuo sequestro è una
nemesi, che a essere colpiti siamo noi - pacifisti, giornalisti di
sinistra - e ci chiedono un pentimento. Siamo sicuri che tu non ti stai
pentendo di una sola virgola di quello che hai scritto e non saremo
certo noi a tradirti. Preferiamo condividere con te - per quanto
possiamo, da qui - la paura di questo momento e di farlo insieme. E' la
sola «arma» che abbiamo e che vorremmo esistesse nel mondo. E' il tuo e
il nostro modo d'essere.
Cara Giuliana, oggi ci ritroveremo in una piazza romana per vincere
assieme la paura, nello stesso modo in cui siamo scesi per strada
cercando di fermare la guerra o per dire che la barbarie che l'ha
accompagnata e seguita non ci appartiene. Sarà come se tu fossi con
noi, esattamente come - anche se fisicamente non è proprio così - noi
siamo lì con te. Aspettiamo tue notizie. Per ora, un forte abbraccio da
tutti noi e a presto.
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