Ormai siamo all'assurdo: in questi giorni al Senato si discute del progetto di legge presentato da AN: il riconoscimento della qualifica di "militari belligeranti" per la RSI e quindi l'equiparazione ai Partigiani e a tutti i combattenti per la Libertà della Resistenza.
Pubblichiamo un pezzo tratto da l'Unità di ieri che si interroga e apre nuovi scenari e un appello apparso sul forum ANPI nella rete civica di Milano.
La loro legge: SS uguali ai partigiani
di Wladimiro Settimelli (da l'Unità di oggi)
Sì, anche le Ss italiane che operarono direttamente al comando dei
nazisti negli ultimi mesi di vita della Rsi, se passerà il progetto di
legge presentato da Alleanza nazionale e ora all’esame del Senato, potrebbero
essere ritenute «cobelligeranti». Insomma, essere equiparati ai
partigiani e ai combattenti della libertà. Tale onore non toccherebbe,
dunque, soltanto alla Guardia nazionale repubblicana, alle camicie nere della
«Muti» e ai membri delle varie bande di torturatori e di assassini
che operarono, prima della Liberazione, a Roma, a Firenze, a Milano e a Torino.
Tra loro, come sta scritto in tutti i testi di storia, c’erano gli uomini
di Bardi , Pollastrini e Pietro Kock per quanto riguarda Roma o agli uomini
del maggiore Mario Carità per Firenze.
Legittimi combattenti
Ma quello che più colpisce, appunto, è la eventuale possibilità
che persino gli ancora vivi delle «Ss» italiane, vengano considerati
e riconosciuti legittimi combattenti.
Insomma, se il progetto di legge è assurdo e inaccettabile per i «repubblichini»,
mette in ansia e riempie di angoscia l’eventualità che la stessa
situazione venga persino applicata a coloro che servirono direttamente agli
ordini di Hitler.
Gli arruolamenti nelle «Ss» avvennero previo diretto e inequivocabile
accordo tra il governo di Salò e lo stato maggiore delle «Ss»
a Berlino. Dunque, gli italiani arruolati nel «corpo scelto» del
nazismo, un corpo «arianissimo» al servizio dei Reich, un corpo
responsabili di sterminii impensabili e gestore anche dei campi di concentramento,
a tutti gli effetti erano anche soldati di Salò. Certo, il loro trattamemnto,
dal punto di vista economico, da quello dell’armamento e della vita nelle
caserme era completamente diverso dagli altri arruolati e questo suscitò
proteste e gelosie tra gli stessi fascisti. Anche le «Ss» italiane,ovviamente,
furono considerate formazioni d’elite e un corpo armato del tutto particolare.
Intanto, sottratto allo stato maggiore italiano, ai vari gerarchi come Ricci
e Pavolini e allo stesso Mussolini.
Arruolatevi!
L’arruolamento, si svolse in maniera rapidissima, perfino nei campi di
prigionia italiani in Germania. È dunque chiaro che alcuni si arruolarono
solo per tornare in Italia. Altri, successivamente, si unirono alle formazioni
partigiane portando via dalle caserme tutto quanto potevano. Altri ancora, i
peggiori, valutarono attentamente il fatto che, in Italia, e nelle zone sotto
controllo fascista, con la divisa delle «Ss» addosso, era possibile
spadroneggiare, rubare, torturare, senza doverne rispondere direttamente ai
comandi italiani. Molti altri si arruolarono per poter servire fino alla fine
il potere di Hitler, con il «rigore» tipicamente nazista e la insindacabilità
concessa alle «Ss» anche sul suolo italiano.
Le «Ss» nostrane raggiunsero, ben presto, la forza di alcuni battaglioni
ed erano, dunque, diverse centinaia.
Per quali operazioni vennero usati gli uomini? Ovviamente per rastrellare e
catturare i partigiani, gli antifascisti o i giovani che si erano rifiutati
di presentarsi per il servizio di leva. È inutile aggiungere che parteciparono
ad alcuni terribili massacri e che si distinsero nell’incendiare paesi
e paesetti. Quando si trattava di deportare la popolazione civile, in pratica
si «nascondevano» sotto la divisa nazista evitando persino di parlare
in italiano per non farsi riconoscere. Così capitò spesso che
certe stragi e certi rastrellamenti apparvero come opera dei soli soldati tedeschi.
Nell’«armadio della vergogna» e nel corso delle indagini su
certe stragi terrificanti in Emilia, Toscana, Piemonte e in Liguria, pare siano
apparsi, nel dopoguerra, i nomi di alcune comnpagnie di «Ss» italiane.
Scartoffie.
Naturalmente, quei nomi sono sempre rimasti sepolti sotto le scartoffie e nessuno
di quei personaggi, per ora, è stato chiamato a rispondere del proprio
operato. Molti di loro, alla fine della guerra, partirono per il Sud America.
Ora, con la proposta di legge di Alleanza nazionale, anche loro potrebbero diventare
come i partigiani e gli altri combattenti della libertà. Per questo,
martedì, nell’immediato pomeriggio, proprio al Senato, i rappresentanti
delle Associazioni partigiane e della Resistenza, dei perseguitati politici,
dei deportati nei campo di sterminio, della Federazione dei combattenti per
la libertà, delle Associazioni ebraiche, terranno una conferenza stampa.
Saranno presenti anche l’ex presidente della Repubblica Scalfaro e il partigiano
Vassalli. Non mancheranno anche alcune famosissime medaglie d’oro della
Resistenza.
Appello
contro il riconoscimento ai repubblichini della qualifica di belligeranti.
In Senato un colpo di mano ha calendarizzato la discussione sulla proposta
del "riconoscimento della qualifica di militari belligeranti a quanti prestarono
servizio militare dal 1943 al 1945 nell'esercito della Repubblica sociale italiana
(Rsi)". E' un vero e proprio schiaffo storico e morale ai tanti uomini
e donne, giovani e anziani che hanno combattuto contro il nazifascismo per la
libertà e per la democrazia. La questione, già di per sè
di estrema gravità, assume toni più pesanti quando si considera
che la proposta di finanziamento, dovuto dalle autorità istituzionali
alle associazioni di partigiane e resistenziali, in occasione del sessantennale
della Liberazione, licenziata dalla Commissione Difesa per l'Aula sin dal 4
febbraio 2004, giace a Palazzo Madama da mesi e mesi, senza che il governo abbia
ancora provveduto a renderla attuativa. Non solo: ma non ha avuto risposta la
richiesta di interventi "per i cittadini italiani, militari e civili, deportati
ed internati nei lager nazisti".
La gravità di questi fatti indignano le coscienze di coloro che hanno
a cuore la difesa della democrazia e delle basi fondanti la nostra Repubblica,
sorta dalla lotta di liberazione, condotta da coloro che si opposero con forza
e determinazione a coloro che prestavano il proprio servizio alla causa dell'intolleranza
e della devastazione civile, della violenza omicida.
Chiediamo pertanto come sezione ANPI "Martiri di Viale Tibaldi" di
Milano di richiedere al più presto la cancellazione di questo provedimento,
volto ingiustamente a equiparare i morti per la libertà ai morti per
la repressione, e di provvedere fin da adesso a garantire i dovuti fondi alle
associazioni impegnate a celebrare il 60° Anniversario della Liberazione,
momento importante per la nostra Repubblica, nata dalla Resistenza antifascista;
nonchè a consentire il giusto riconoscimento della titolarità
per i cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager
nazisti, di beneficiare degli interventi a loro dovuti.
La difesa della nostra democrazia si esplica soprattutto nella difesa della
memoria storica che, nell'oggettività, deve garantire giustizia civile
e sociale per coloro che valorosamente si sono attivati a rendere attuativi
i grandi principi di eguaglianza e di solidarietà, oggi esempi di alta
civiltà per la prosecuzione della nostra battaglia internazionale per
il progresso sociale e per la giustizia civile.
Proponente - Alessandro Rizzo - FORUM ANPI - Rete Civica di Milano
FIRMATARI
Direttivo Sezione ANPI "Martiri di Viale Tibaldi" di Zona 5 di
Milano
Lidia Menapace - partigiana
Per adesioni inviare un messaggio al seguente indirizzo di posta elettronica:
alessandro.rizzo