Il mondo di George a dimensione dell’America
Data: Mercoledì, 26 gennaio @ 13:36:05 CET
Argomento: Succede nel Mondo
LA DIPLOMAZIA DEL SECONDO MANDATO CONTRO GLI AVAMPOSTI DEL MALE
Il mondo di George a dimensione dell’America
La Casa Bianca ignora l’Onu e disegna la mappa della sua strategia
NEW YORK
Una volta c’era «l’asse del male», incarnato da Iraq, Iran e Corea del Nord. Adesso il grande nemico degli Stati Uniti è la tirannia, che prospera negli avamposti altrimenti noti come Cuba, Zimbabwe, Myanmar (o Birmania), Bielorussia, e ancora Teheran e Pyongyang. A dire il vero, stavolta il presidente Bush non li ha chiamati per nome. Ma intrecciando il suo discorso di ieri con la testimonianza in Senato del nuovo segretario di Stato Rice, è possibile disegnare una mappa dei paesi su cui si sta concentrando l’offensiva di Washington per diffondere la democrazia nel pianeta, dopo Iraq e Afghanistan. Il capo della Casa Bianca, infatti, ha spiegato che «la politica degli Stati Uniti è sostenere la crescita dei movimenti e delle istituzioni democratiche in ogni nazione e cultura, con lo scopo ultimo di porre fine alla tirannia nel nostro mondo». La Rice è entrata nei particolari, spiegando che Cuba, Zimbabwe, Myanmar, Bielorussia, Iran e Corea del Nord sono gli «avamposti della tirannia». I metodi per conquistarli possono variare da caso a caso, ma l’obiettivo è chiaro, e sembra confermare la prevalenza della dottrina neoconservatrice sul tradizionale realismo repubblicano incarnato da personaggi come Kissinger e Scowcroft. Teheran è al primo posto della lista, e martedì Bush ha detto che non esclude l’uso della forza per risolvere la disputa sul programma nucleare degli ayatollah. Naturalmente le relazioni fra Stati Uniti e Iran sono tese dalla rivoluzione del 1979, cominciata con l’assalto all’ambasciata americana, ma negli anni scorsi c’erano state prove di dialogo, soprattutto dopo l’avvento alla presidenza del moderato Khatami. Ora Washington è convinta che Teheran stia rincorrendo le armi atomiche e non si fida della mediazione europea. Il settimanale New Yorker ha scritto che i commando delle forze speciali sono già attivi nel paese per individuare gli obiettivi, e i raid finalizzati a distruggere la struttura nucleare potrebbero scattare già entro l’estate. Nel frattempo in Congresso sono state presentate due leggi che sollecitano il «cambio di regime» a Teheran, come era già successo nel 1998 con l’Iraq Liberation Act. Il primo provvedimento approvato si chiama «Iran Freedom and Support Act» ed è stato introdotto dai senatori Rick Santorum e John Cornyn, mentre il secondo è stato avanzato alla Camera dalla deputata della Florida Ileana Ros-Lehtinen. Il testo dei due senatori suggerisce di finanziare l’opposizione interna e in esilio, come era accaduto con l’Iraqi National Congress di Ahmed Chalabi, e gli iraniani fuggiti negli Stati Uniti hanno già costituito un gruppo per ricevere i fondi, chiamato Alliance for Democracy in Iran. Il loro presidente, Kamal Azari, dice di voler promuovere un referendum per ristabilire la monarchia sotto il figlio dello Shah, Reza Pahlavi, che vive in Virginia. La Corea del Nord era il terzo membro dell’asse del male, e dal 2002 ad oggi il leader comunista Kim Jong-Il non ha fatto nulla per migliorare la situazione. Anzi, secondo la Cia ha già costruito alcune bombe atomiche, che potrebbe usare oppure vendere a stati nemici degli Usa e terroristi. Cuba è un vecchio cliente dell’ira americana, fomentata dagli esiliati in Florida che sono stati decisivi per le vittorie elettorali di Bush. L’embargo dura da quasi mezzo secolo e Castro ha complicato i rapporti, con l’arresto di 75 dissidenti avvenuto due anni fa. La Bielorussia è dominata da Alexander Lukashenko, grande alleato di Vladimir Putin, noto anche come «l’ultimo dittatore d’Europa», mentre il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe passa per «l’Hitler africano». Una giunta militare guidata dal generale Than Shwe governa Myanmar dal 1988, e da dodici anni tiene in prigione il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Quasi nessuno discute la brutalità di questi regimi, ma i critici fanno notare almeno due problemi nella strategia di Bush. Primo, Iraq e Afghanistan non sono stati citati, ma è difficile considerarli come due pratiche già archiviate con successo. Secondo, nell’elenco degli «avamposti della tirannia» mancano paesi come Russia, Cina, Pakistan, Egitto e Arabia Saudita, che hanno il difetto di non rappresentare perle di democrazia, e il pregio di essere alleati, o quanto meno in affari con gli Stati Uniti. Come si risolverà questa contraddizione? E con quale metodo si procederà nella conquista degli avamposti?
Grazie Dade_86; riceviamo e pubblichiamo
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