¡Que viva Pinochet!
Data: Martedì, 21 dicembre @ 15:09:45 CET Argomento: Per Non Dimenticare
Dall'ultimo articolo "Tanto per abbaiare" di Riccardo Orioles:
Che viva a lungo, il vecchio bastardo, e si faccia finalmente la galera a cui la giustizia del suo paese, meglio tardi che mai, lo sta finalmente destinando. Fu lui ad aprire le porte al capitalismo selvaggio in Cile: un esperimento che non sarebbe finito lì.
• A voi magari non dice niente (“Chi è?”) il fatto che finalmente abbiano arrestato Pinochet, ma per me e per quelli della mia generazione è un momento che aspettavamo da trent’anni. Pinochet faceva il generale in un paese dell’America Latina, il Cile, sottoposto agli Stati Uniti come, nello stesso momento, la Romania era sottoposta alla Russia. Era un paese povero; l’unica cosa che produceva era il rame ma le miniere erano di proprietà di corporation americane. Nelle città c’erano un sacco di senza-casa (i “pobladores”); di sinistra c’erano i minatori e gli studenti delle università.
Un giorno la sinistra vinse le elezioni e salì un presidente - Salvator Allende - che cominciò a ridare al Cile le miniere di rame. I padroni delle miniere s’incazzarono molto, e quindi s’incazzò anche il governo americano e quindi sincazzarono i servizi segreti americani e organizzarono un bel colpo di stato. Questo, materialmente, fu fatto dal generale Pinochet; alcuni altri generali rimasero onesti, e lui li fece assassinare.
I carri armati di Pinochet circondarono il palazzo di Allende. “Arrendetevi! C’è un aereo pronto a portarvi in esilio!”. Allende e le sue guardie del corpo (che erano giovani studenti del Mir, il Movimiento de Izquierda Revolucionaria) risposero sparando. Infine Allende morì, ucciso da una fucilata. I ragazzi lo sollevarono a braccia e lo deposero sulla poltrona presidenziale, con gran rispetto. Poi tornarono alle finestre e ricominciarono a sparare finché non furono uccisi tutti. Allora entrarono gli uomini di Pinochet: in fondo al salone videro il Presidente che li guardava con disprezzo, dalla sua poltrona, la fascia presidenziale sul petto. Nessuno sa se si fermarono un attimo o se gli spararono ancora.
La dittatura di Pinochet, lunghissima e feroce, fu il primo esperimento del dopoguerra di neo-liberalismo globale in Occidente. Furono chiamati degli economisti americani (i “Milton boys” della “scuola di Chicago”) per “modernizzare” l’economia: via i diritti, pieni poteri ai manager, giù i salari, su i prezzi. Da lì, la ricetta fu poi applicata in Argentina, in Brasile, in Venezuela (ecco di cosa parlano Chavez e Lula, quando se la prendono con gli americani) e infine nelle metropoli, in America e in parte dell’Europa. I colpi di stato non si fanno per niente, nè si ammazza la gente per divertimento: tutto è finalizzato a “salvare l’economia”. Poi magari si torna alla democrazia, ma nel frattempo leconomia (cioè l’econo-loro) è stata salvata dalle zampacce degli operai, dei poveri e di tutti gli altri sovversivi.
Adesso, dopo tutti questi anni, un giudice meno vigliacco degli altri ha finalmente deciso di incriminare Pinochet per le stragi. Io penso a un ragazzo che si chiamava Henriquez, Hernando Henriquez, ed era uno studente come tutti noi, fra Parigi e Roma, con l’unica differenza che era cileno, rappresentava il Mir in Europa e dopo il golpe fu richiamato dal suo partito per fare la resistenza in clandestinità. Sparì per sempre, non si sa quando e dove. Furono molti a sparire in Cile (e in Argentina, e in Brasile, e in Uruguay) in quegli anni. Io mi ricordo di Hernando perché è lui che ho coosciuto (anche Lerner, anche Rossella, anche Panella - ma loro hanno la memoria più lieve).
Que viva cientos anos Pinochet, che non tiri le cuoia adesso il vecchio bastardo, che arrivi a farsi un bel po’ di galera. Brindiamo a questo, e alle ragazze e ai ragazzi che si schierarono contro di lui. Sono rimasti tutti giovani e lievi, bruciati nei loro venti-venticinque anni. Uccisi nella maniera più feroce: ma non dimenticati. Pensando a loro, ad Allende sulla sua poltrona, ai ragazzi del Mir, a Hernando, non resta neanche il tempo di disprezzare un po’ quei funzionari di polizia italiani incriminati in questi giorni per aver cercato di essere, alla loro modesta maniera, dei piccoli Pinochet.
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