Intervista con Cisco, voce dei Modena City Ramblers.Viaggio, memoria, tradizioni
Data: Giovedì, 02 dicembre @ 21:42:58 CET Argomento: La Rassegna Stampa sui Ramblers
di Alfredo Pulvirenti
Incontro Cisco poco prima dell’inizio di un concerto dei Modena City Ramblers a Roma. Sta passeggiando nel prato dietro il palco, ha appena firmato una maglietta e un cappellino a due fan, disegnando la bomba simbolo del gruppo dai tempi di Radio Rebelde. Quando gli chiedo di intervistare lui o qualcuno del gruppo, mi spiega che è lui a parlare con i giornalisti, per evitare quelle situazioni in cui un membro della band parla e gli altri stanno in silenzio “come dei cretini”. Ma aggiunge, sorridendo, che non abbiamo molto tempo a disposizione. Perciò comincio subito:
Ti faccio una domanda generica. Quanto è importante la dimensione del viaggio nel lavoro del tuo gruppo?
Il viaggio è fondamentale per noi; nel senso che siamo nati da un viaggio fatto in Irlanda e da allora non ci siamo più fermati. Abbiamo conosciuto il nostro paese, la nostra terra, l’Italia intera, l’Europa, abbiamo conosciuto il Sud America, abbiamo conosciuto l’Africa. Piccole parti, piccole conoscenze, piccole gocce di conoscenza, e continueremo a viaggiare. Non ci fermeremo mai. Io dico sempre che il giorno in cui ci fermeremo in questo viaggio, smetteremo di suonare. Perché è da lì che nascono tutte le nostre riflessioni, tutte le nostre idee.
In “Riportando tutto a casa” (primo album dei Modena) voi dite anche che il viaggio è anche ciò che vi ha permesso di restare in Italia, riuscendo a conoscere le tradizioni, i popoli, tutto ciò che a volte sembra sepolto.
Perfetto. Hai detto una cosa che non sono mai riuscito a dire. Dal viaggio in Irlanda sono riuscito a conoscere il mio paese, nel senso che io ero pronto ad andare a vivere in Irlanda, e invece mi sono costruito, tra virgolette, una mia Irlanda in Italia. E ora sono fiero di quello che abbiamo costruito negli anni.
Dove avete scoperto le ultime influenze musicali o tradizioni che vi hanno affascinato?
Non c’è un posto in particolare, noi siamo affascinati da varie culture. Quella africana, per esempio, è una cultura molto forte, anche dal punto di vista musicale. Penso a musicisti come Ali Farka Toure, al Mali in generale. Ma non andiamo lì a rubare la musica, a fare la cartolina africana, cerchiamo di metabolizzare le cose che vediamo, che sentiamo, per farle nostre e poi riproporle alla maniera nostra alla gente che ci vuole ascoltare.
A proposito di Mali, nel suo film “Dal Mali al Mississipi” Martin Scorsese compie un viaggio alla scoperta delle radici del blues, una musica che ha un fortissimo legame con la storia di un popolo e le sue tradizioni e che poi si è rimodellata in tanti modi diversi.
Noi siamo molto vicini alla tradizione popolare e il blues è tradizione popolare. Non è la nostra, non è italiana, però fa parte di una grande tradizione musicale popolare. Noi abbiamo costruito, in qualche modo, la nostra tradizione popolare, andando a riscoprire i vecchi canti partigiani, come Bella Ciao. La riscoperta delle tradizioni, delle origini, è una delle basi del lavoro dei Modena city Ramblers.
Fare un catalogo delle tradizioni serve anche innovare, a crescere.
Sì. Senza dovere fare per forza il ragionamento: Italia - tarantella, o Irlanda – folk irlandese.
Evitare i localismi…
Esatto. La cosa che io amo di più è mescolare. Quando, per esempio, parto da un ritmo da tarantella, ci metto un gig irlandese, che è un sei – ottavi, e le cose si mescolano. Due pezzi nostri sono nati proprio così: La banda del sogno interrotto e I cento passi. Sono nati da tarantelle italiane mescolate a suoni e ritmi irlandesi. Mi piace innovare la tradizione popolare, ecco.
I due brani che hai citato parlano di Sciascia e di Peppino Impastato, due figure molto importanti di una Sicilia diversa da quella di cui spesso si parla, arretrata e mafiosa.
Sì. Forse abbiamo usato poco la tradizione musicale popolare siciliana. Con “I cento passi” volevamo dare continuità a un brano come “La banda del sogno interrotto”, che partiva dalla Sicilia per girare il mondo. “I cento passi” è partito da Cinisi ( il paese di Peppino Impastato) e ora gira il mondo insieme a noi.
Il cantante del gruppo folk italiano per eccellenza ora deve andare via. Mi saluta calorosamente, e si avvia verso il retro del palco. Il concerto sta per cominciare, e lì fuori c’è un popolo che aspetta lui per intonare, ancora una volta, “Bella Ciao”.
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Grazie Maga - riceviamo e pubblichiamo
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