La marcia del popolo dimenticato
Data: Giovedì, 25 novembre @ 14:21:17 CET Argomento: Succede nel Mondo
In Australia gli aborigeni sono in marcia per chiedere diritti sempre negati.
Settecento chilometri fino alla capitale per chiedere
diritti sempre negati. Li guida una stella del rugby
di Raimondo Bultrini (da Repubblica): Si è messo in marcia da solo, zaino in spalla con un po' di cibo e vestiti, poche ore dopo il funerale di un suo giovane amico aborigeno morto suicida come tanti ragazzi in crisi dell'etnia indigena australiana. Ma a tre giorni dall'inizio della sua lunga camminata di quasi 700 chilometri da Melbourne a Camberra, la capitale federale, l'ex campione di rugby Michael Long si è già visto affiancare da centinaia di persone, qualcuno per un breve tratto, altri - come l'ex campione aborigeno di pugilato Anthony Mundine e il settantenne australiano Jim Usher - determinati a raggiungere con lui il palazzo del Parlamento e poi la sede del primo ministro John Howard.
"Sono stanco di andare a maledetti funerali. Troppi aborigeni continuano a morire suicidi, per droga e problemi di salute endemici", ha dichiarato Long, oggi ambasciatore indigeno dell'Australian Football League, ai giornalisti che lo hanno intervistato chiamandolo al cellulare oppure marciando con lui lungo la Hume Highway, la trafficata superstrada che unisce le due grandi città del continente australe.
Long, che ha lasciato la carriera agonistica nel 1990, non è nuovo a iniziative di sensibilizzazione dell'opinione pubblica del suo Paese sui problemi della minoranza aborigena, sterminata con l'arrivo dei bianchi nel 1788 e poi emarginata nelle riserve o nei ghetti metropolitani dove 450 mila indigeni - contro i 20 milioni di "cittadini di serie A" giunti negli ultimi due secoli da oltreoceano - vivono in gran parte di sovvenzioni statali spese spesso in droghe e alcool, quando non si uccidono inalando i vapori della benzina. Molti sono i figli della cosiddetta "generazione rubata", migliaia e migliaia di giovani di sangue misto che fino agli anni ?60 venivano strappati alle loro famiglie e "rieducati" alla civiltà bianca nelle missioni e parrocchie cristiane, come la stessa madre di Long.
Oggi gli aborigeni hanno un'aspettativa di vita di 20 anni inferiore a quella dei bianchi e ultimamente si sono visti privare anche dell'unico organismo politico di rappresentanza, la Commissione indigena Atsic, sostituita da un ente meramente consultivo.
"Siamo una razza che sta morendo - ha dichiarato il campione sportivo - Se non facciamo qualcosa adesso, fra 50 anni non ci saranno più zii e zie, non resterà nulla della nostra gente e della nostra cultura". E' questo che vorrebbe andare a dire al primo ministro, se lo riceverà, quando - prevedibilmente il 2 dicembre - raggiungerà Canberra col suo drappello di aborigeni e bianchi che hanno deciso di unirsi alla marcia, sensibilizzati dalla sua determinazione e dai toni pacifici di una protesta che nei mesi scorsi era invece esplosa con violenza in uno dei ghetti di Sidney dopo che un ragazzo era morto cadendo per sfuggire a una pattuglia della polizia.
Linda Bumey, rappresentante politica aborigena, si è detta certa che la sua marcia, giunta ieri al centesimo chilometro, raccoglierà "un esercito di aderenti quando raggiungerà Canberra", e la stampa australiana lo già ha paragonato alla celebre militante dei neri americani Rosa Parks, che galvanizzò il movimento dei diritti civili negli anni ?50 in America col suo rifiuto di cedere il posto sull'autobus a un cittadino bianco. Ma a chi gli proponeva il raffronto, Long ha risposto che "c'è solo una razza, ed è la razza umana".
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