Al cinema: Lavorare con lentezza
Data: Mercoledì, 27 ottobre @ 00:27:08 CEST Argomento: La Cineteca dei Rambler
L'esperienza della libera Radio Alice, nella Bologna del '76-'77, è un film di Guido Chiesa ancora nelle sale (non so per quanto: trovare il film in zona Ferrara/Ravenna -per es- non è stato facile).
Bologna, 1976-77: attorno a Radio Alice, radio libera e voce del movimento studentesco di quegli anni, si muovono idee, cose, persone. Tra questi Squalo e Pelo, due ragazzi delle periferie che sono arrivati alla radio quasi per caso (tra l'ennesimo "lavoretto" per un ricettatore locale e il cazzeggio del bar), e trovano un mondo in cui sognare una via d'uscita dal grigio quotidiano e dal destino del lavoro in fabbrica dei padri. Un mondo estraneo a loro quanto ai tutori dell'ordine e ai "bravi cittadini".
Tra ideali, illusioni e contraddizioni la situazione precipita durante i 'tristemente noti' scontri di piazza del marzo '77.
Regia di Guido Chiesa; sceneggiatura dello stesso Chiesa e del collettivo Wu Ming.
Marco Luisi e Tommaso Ramenghi (Pelo e Squalo), hanno ricevuto all'ultima Mostra del Cinema di Venezia il premio Marcello Mastroianni come migliori attori giovani emergenti.
Apparizione degli Afterhours nella parte degli Area con la cover di "Gioia
e rivoluzione". Il "Lavorare con lentezza" del titolo è invece una canzone di Enzo del Re che andava in onda ogni mattina a Radio Alice.
La critica:
come già successo ad altri film sui movimenti (quelli del '77 come quelli sessantottini, basti pensare al recente "The dreamers" di Bertolucci), la critica -del pubblico e degli 'specialisti'- è andata in opposte direzioni: tra i nostalgici entusiasti e quelli che reputano non sia stata resa giustizia al movimento, come alla realtà della radio e dei suoi contenuti; tra chi accusa sia un film solo per chi c'era e chi dice sia un film confezionato per i ventenni di oggi.
Rimanendo nel dubbio (avere avuto pochi anni allora non mi aiuta in quessta valutazione) posso dire di apprezzare cmq un film che racconta -e fa ricordare- fatti che val la pena di approfondire. Nella sua semplicità lo preferisco agli insopportabili 'Dremears' del succitato maestro Bertolucci. Molto bella la fotografia nel suo essere scarna e senza fronzoli: gli anni della strategia del terrore resi da luci cupe intervallate dai colori -a volte tenui e ingenui, a volte violenti- del mondo della radio e del sogno.
Di seguito un po' di rassegna stampa:
Alberto Crespi - Testata: L'Unità
(...) è un film mao-dadaista (definizione del regista) pieno di cose, di trovate, di idee e di splendida musica. In più, nonostante parli del ?77, cioè di un anno in cui Chiesa (come noi, come molti di voi) era un ragazzino, è un film anti-nostalgico, ironico, beffardo, non flessibile, non imprenditoriale, non velinaro. È un film contro ogni logica aziendale. Avercene.
Paolo D'Agostini - Testata: La Repubblica
(...) E' un film pieno di spunti inventivi ed emozionanti: il regista dice di averlo fatto "per tutte e tutti", ma il suo limite ci sembra proprio quello di parlare con chi soprattutto per ragioni anagrafiche frequentò quella temperie.
Roberto Silvestri - Testata: Il Manifesto
(...) Nell'operazione, produttivamente diretta da Domenico Procacci/Fandango non c'è spazio per troppe mine a frammentazione linguistica, per l'improvvisazione free, il detour, lo skretch, borghesizzano perfino Bifo! Ormai si costruiscono film a tolleranza "Rai Fininvest", qualunque sia il loro contenuto (e non tutti i produttori possono emigrare in Australia). Dunque "il presepe" è completato da parodie di riunioni politiche, troppo adatte ai cinefili di La repubblica, giovani avvocati idealisti ma duri di comprendonio (Claudia Pandolfi), proletari in divisa, calabresi in stato allarme, un ufficiale dei carabinieri di eccellente fiuto investigativo (Valerio Mastandrea), frustrato da angosce familiari e superiori politicamente molto più servi di lui, baretti pieni di reazionari, interni familiari angustiati da comunisti "a un sola dimensione", poco studio dei video sugli scontri di Alberto Grifi. Nonostante questi compromessi, bagliori di quel crepuscolo comunardo dovrebbero incuriosire e traslocare tra i ventenni d'oggi.(...)
Roberto Nepoti - Testata: La Repubblica
(...) Lavorare con lentezza è un´opera diversa dalla maggior parte dei titoli correnti, ben poco innovativi nei confronti della scrittura filmica. Ha il coraggio di contaminare non soltanto i generi - la coesistenza di commedia e dramma, appunto - ma anche i codici espressivi, dalla fotografia (ci sono perfino brevi inserti satirici presi a prestito dal cinema muto) alla musica. Coraggio pagato con qualche discontinuità e disequilibrio, è vero: ma che produce un risultato fuori degli schemi e parecchio stimolante.
Tullio Kezich - Testata: Il corriere della sera
Lavorare con lentezza , che pasticciando toni e stili racconta i casi dell'emittente bolognese Radio Alice (1977). L'intento di attirare simpatia su un momento fantasioso del movimentismo è contraddetto dalla scelta come protagonisti di due tipetti che scavano un buco per derubare una banca. Il che sembra dar ragione a chi coniugava le esuberanze dell'ultrasinistra con la criminalità. (...)
Cristian, dal forum di trovacinema.it
Guido Chiesa con questo film getta uno sguardo ironico ma affettuoso sul movimento del 77, mettendone in luce le contraddizioni e le "gaffe", guardandosi bene dal mitizzarlo e dall'utilizzare toni epici o apologisti e raccontando la storia di Radio Alice come probabilmente Radio Alice stessa avrebbe fatto. Non mancano gli spunti di riflessione: se si pensa a Genova fa rabbia constatare che le immagini potrebbero essere sovrapponibili e se allora si ricercava un'alternativa all'imperativo "produci, consuma e crepa" è triste vedere in che realtà ci muoviamo all'alba del 3 millennio. Nel complesso un piccolo gioiello.
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