Pubblichiamo due pezzi sul caso Battisti cercati e postati da Inti e Leila che ringraziamo per la collaborazione. Il primo è abbastanza imparziale e pacato. Il secondo è schierato a favore della liberazione di Battisti.
A voi giudizi e commenti.
LE OMBRE SUL CASO BATTISTI di Eric Jozsef , corrispondente del quotidiano
francese Libération e di quello svizzero Le Temps. (da Internazionale.it
19 aprile 2004)
Assassino e latitante per gli italiani, scrittore di gialli dal passato rivoluzionario
per buona parte del mondo politico e intellettuale francese: Cesare Battisti,
l'ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac), conoscerà
la sua sorte solo il 12 maggio. Quel giorno la Chambre de l'instruction di Parigi
deciderà sulla sua estradizione, chiesta dall'Italia in base a una condanna
all'ergastolo del 1993 per quattro "omicidi aggravati".
Raramente una vicenda giudiziaria ha suscitato tante incomprensioni tra i due
paesi. Per giudizi approssimativi, ignoranza delle carte processuali e superficialità,
il caso Battisti ha provocato prese di posizione radicali che non agevolano
l'esame sereno di una storia complessa. Molti intellettuali francesi si sono
mobilitati contro l'estradizione senza neanche conoscere i fatti contestati
a Cesare Battisti.
"Se Battisti e gli altri italiani che rischiano di essere estradati dal
governo francese sono colpevoli dei reati che imputa loro la giustizia italiana,
è una cosa che non ci riguarda", hanno scritto incredibilmente qualche
giorno fa quattro intellettuali di fama, tra cui Pierre Vidal-Naquet ed Edgar
Morin, nell'introdurre una lettera aperta contro l'estradizione di Battisti.
Poiché ne conoscono unicamente il presente parigino e l'attività
di giallista, hanno taciuto sulla violenza dei Pac, e in particolare gli omicidi
di Antonio Santoro, di Andrea Campagna, del macellaio di Mestre Lino Sabbadin
e dell'orafo milanese Pierluigi Torregiani. Eppure Cesare Battisti è
stato giudicato colpevole di aver sparato personalmente alle prime due vittime,
di aver partecipato all'assassinio della terza e alla pianificazione dell'omicidio
Torregiani.
Ma alcuni a Parigi credono solo a Battisti, che ha criticato il suo processo
? sostenendo tra l'altro di essere stato condannato solo in base alla testimonianza
del pentito dei Pac, Pietro Mutti ? e ha parlato di giustizia negata. Al di
là della solidarietà di artisti e intellettuali per un uomo ormai
reinserito nella vita civile grazie all'attività di scrittore, sull'accecamento
dei francesi ha pesato, verosimilmente, una visione approssimativa della politica
italiana.
Per esempio, la sinistra francese ha considerato la richiesta di estradizione
come un atto persecutorio contro Battisti da parte del governo Berlusconi, dimenticando
che la sinistra italiana condivide la linea della fermezza. Forse anche il ricordo
della strategia della tensione e delle stragi senza colpevoli ha fatto velo
alla comprensione dimostrata dai francesi verso gli anni di piombo e i crimini
delle organizzazioni terroristiche.
Placare la tensione
In Italia, al contrario, il richiamo alla dottrina Mitterrand è visto
come anacronistico e sinonimo di lassismo. Ma ciò equivale a dimenticare
che la decisione del presidente francese di non estradare gli ex militanti di
estrema sinistra che decidevano di abbandonare la lotta armata è stata
una soluzione politica che ha consentito di placare la tensione in Italia.
Accettando di accogliere in Francia i terroristi che, come diceva Mitterrand,
avevano rotto con la "macchina infernale", Parigi ha contribuito non
a fare giustizia, ma a mettere fuori gioco dei militanti in cerca di una via
d'uscita dal vicolo cieco delle armi. Rivedere una prassi, all'epoca più
o meno tollerata dai governi italiani, adottata per estradare persone che hanno
mantenuto l'impegno di abbandonare le armi, sarebbe un disonore per la Francia.
Tornare sulla parola data e rispettata da nove primi ministri francesi più
di vent'anni dopo i fatti, e in assenza di elementi nuovi, apparirebbe incoerente.
Al tempo stesso, i sostenitori di Cesare Battisti dovrebbero ammettere che qualsiasi
decisione assimilabile a un'amnistia è accettabile solo se accompagnata
da uno sforzo di verità.
IO SONO LEGGENDA di Giuseppe Genna , 22 agosto 2004 (da carmillaonline.com)
Se confermata, la fuga dello scrittore Cesare Battisti dalla Francia catapulta
l'uomo direttamente nella leggenda e aggiunge un capitolo di pura letteratura
civile ed epica alla nostra storia nazionale, lasciando però un marchio
indelebile sulla delenda storia continentale, per i motivi che vedremo.
Andiamo con ordine. Cesare Battisti, che doveva sottostare all'obbligo di firma
al commissariato del IX Arrondissement parigino ogni sabato, non si è
presentato né ieri né - finora - oggi. Si attendeva il verdetto
sul ricorso in Cassazione, avanzato dai due storici avvocati di Battisti, dopo
l'incredibile sentenza favorevole all'estradizione verso l'Italia, che con nonchalance
giuridica la Corte francese aveva comminato lo scorso 30 giugno all'italiano,
sollevando ondate di protesta da parte degli strenui difensori della parola
data da François Mitterrand. Nessuno si attendeva una soluzione tanto
repentina e sconvolgente (sul piano storico), nemmeno gli amici più intimi
di Cesare Battisti.
Con una mossa tanto inaspettata, Cesare Battisti sacrifica la sua vita emotiva
(a Parigi lascia due figlie, l'attuale compagna, l'ex moglie a lui molto attaccata)
per scegliere, come ha detto Oreste Scalzone, "il verde della vita contro
il grigio della sottomissione". Questo sul piano personale. Su un ben diverso
piano, Battisti in fuga ricopre di ridicolo (un tragico ridicolo) il governo
italiano e l'istituzione francese, oltre che tutti gli orgiasti della diffamazione
mediatica che lo hanno dipinto come un mostro. Così facendo, l'autore
de L'ultimo sparo impedisce in maniera abissale la più vergognosa azione
di freezing criminale sulla storia italiana degli ultimi trent'anni e sulla
memoria collettiva di un'intera nazione.
Fedele alla sua unica ossessione, che è la letteratura, cioè la
leggenda, Battisti vi si tuffa a corpo vivo. Ecco perché.
- L'Italia brianzola, quella che Guarda stupefatta i sigilli parlando bosino
e quella del ministro dell'Inferno Pisanu, esce con le ossa rotte dalla vicenda
Battisti. Inizialmente, con tutta probabilità, tenendo conto della tempesta
perfetta mediatica scatenata contro Cesare Battisti qui da noi, assisteremo
a un'ulteriore demonizzazione del personaggio: verrà verosimilmente coperto
di insulti, invocazioni alla vergogna, accuse di cinismo in linea con il suo
onirico profiling da serial killer, mentre gli operatori si scateneranno nell'estrarre
dai parenti delle vittime (vittime, sia ribadito, non di Battisti, a detta dello
stesso scrittore) gli ultimi rivoli di dolore trasmutati in rabbia senza soluzione.
Passerà anche quest'ondata che, ahimè, non è anomala, coi
tempi berlusconi che corrono alle nostre latitudini. E poi, per incanto, ecco
cosa succederà: il silenzio. Il silenzio è un sintomo della vergogna.
Vergogna che assalirà anzitutto il ministro della Giustizia, l'autentico
protagonista di questa vicenda di vergognoso impedimento alla soluzione del
quindicennio tragico di Piombo.
Grazie al ministro Castelli, l'Italia è l'unica nazione del patto europeo
a non avere concesso l'ok allo spazio giuridico continentale - una decisione
che blocca processi importanti, a carico di cariche altrettanto importanti.
In dissintonia con questa scellerata tattica, il ministro si è valso
della collaborazione del suo omologo francese, un uomo per nulla per bene che
si chiama Perben, il quale è arrivato a inventarsi, per tradurre inizialmente
in carcere Battisti, l'accusa per aggressione di un vicino dello scrittore italiano.
Ma, della Francia, sequitur. Torniamo al nostro ministro. Coerente esponente
del forcaiolismo di marca briantea e protagonista di un manifesto ideologico
dello stesso, il ministro italiano della Giustizia ha inteso riaprire nel modo
più crudele una questione storica che stenta a essere storicizzata: quella
degli anni del terrorismo. Ha scatenato un'incredibile campagna di odio ciecamente
vendicativo nei confronti di un uomo - un uomo che aveva accettato l'invito
francese a rifarsi una vita entro la legalità e che aveva rispettato
questo patto. Il ministro italiano, con una mossa tanto devastante, ha sortito
effetti che hanno completamente annullato vent'anni di storia: ha riaperto le
ferite dei parenti delle vittime, ignorati appunto per un ventennio dallo Stato,
dando loro l'occasione di ripiombare in stati emotivi che pertengono l'attualità
bruciante di quando subirono il lutto e non il presente che stanno vivendo;
ha radicalizzato le posizioni, alzando quote di ansia e di conflitto in Italia;
ha messo a dura prova i rapporti che l'Italia intrattiene con la Francia; ha
colpito un individuo pienamente recuperato a quella che le democrazie accolgono
come esistenza sociale integrata, mettendo a repentaglio il recupero esistenziale
emotivo e cognitivo di un individuo condannato in contumacia da un pentito poco
attendibile; ha riaperto violentemente la questione dell'irreversibilità
del processo in contumacia, probabilmente il capitolo più vergognoso
della giurisprudenza italiana, condannato dai più autorevoli organismi
internazionali; ha mostrato fino a che punto il governo attuale controlli e
orchestri le azioni degli organi di stampa; ha dichiaratamente enunciato il
principio della vendetta postuma, facendo egli parte di un'alleanza che propugna
la guerra preventiva; ha attaccato il direttore del più importante quotidiano
d'Oltralpe, prendendo spunto da una vicenda che nulla c'entrava col caso Battisti,
suscitando reazioni indignate ovunque; ha seppellito la questione della grazia
a Sofri, approfittando della riapertura sbilenca della questione dei Settanta
e irridendo al Capo dello Stato.
Ora, la fuga di Battisti lascia il ministro da solo col cerino più corto
in mano. Qualunque decisione il ministro prenda dopo la fuoriuscita di Battisti
sarà interpretata come reazione alla fuga dello scrittore. Se il ministro
scatenerà, come qualcuno paventa, una caccia all'esule in Francia, egli
mostrerà il fianco a chi lo accuserà, legittimamente, di reagire
con rabbia istituzionale all'esito della vicenda Battisti - nel senso che trascinerebbe
le nostre istituzioni nella rabbia.
Il re è nudo. Battisti gli ha strappato tutti i vestiti di dosso. Per
questo, Cesare Battisti entra nella leggenda.
- Chi esce dal caso Battisti con le ossa frantumate da fratture multiple è
la Francia. La pavidità del complesso intero della magistratura di Parigi
è stata emblematica di un asservimento vile, totale e vergognosissimo
al potere politico, essendo questo altrettanto vergognosamente teso a fare un
favore al governo reazionario italiano, mangiandosi un protocollo di legge rispettato
da nove premier transalpini in più di vent'anni. La dottrina Mitterand
non è affatto di Mitterand: è la dottrina dello Stato francese
tutto, qualunque premier l'ha applicata per questi due ultimi decenni. "Honte!"
è stato il grido lanciato in aula alla lettura della sentenza favorevole
all'estradizione di Battisti in primo grado. La Francia esce dal caso Battisti
sepolta dalla vergogna. La Francia non è più terra di libertà,
non è più la patria della parola data e rispettata.
Sia sottolineato che l'estradizione di Battisti, a distanza di quasi quindici
anni dal suo arrivo a Parigi, era possibile perché Battisti aveva accettato
un invito da parte dello Stato francese. Poteva continuare il suo esilio nelle
Americhe, ma accettò il patto con Parigi. Quindici anni dopo, cambiando
il governo, cambia tutto. Uno stato di cose che grida vendetta al cospetto d'iddio,
se non fosse che e Battisti e chi l'ha difeso sono lontani mille miglia dalla
tentazione della vendetta.
La Francia non è stata in grado di imporre all'Italia nemmeno il cambiamento
dei protocolli sull'ingiusto processo a Cesare Battisti. Una sconfitta totale,
bruciante, storica. Dall'Italia era evidente che non sarebbe giunta risposta
all'invito di rifare un equo processo a Battisti (accusato, ricordiamo, dall'inattendibile
"pentito" Mutti, che ha accollato a Battisti, essendo questi assente,
tutti i delitti dei PAC, senza che nessuno lo sbugiardasse, nonostante le palesi
contraddizioni e i ripensamenti di Mutti stesso in corso di processo, oltre
che, in più casi, le ammissioni del medesimo circa le attribuzioni di
responsabilità a Battisti di fatti di cui non era responsabile, solo
perché, essendo egli assente, era comodo attribuirle a lui). Rifare il
processo a Battisti sarebbe stato ridicolo: ventidue anni dopo i fatti cosa
può ricordare un pentito? Ecco, il punto è proprio questo: il
ridicolo di un processo rifatto a più di vent'anni è proporzionale
al ridicolo di una questione storica ciclopica dissepolta a più di vent'anni
di distanza.
La Francia non se l'è sentita di dire no a Berlusconi. E, più
grave, è andata incontro a ciò che gli intellettuali francesi
hanno denunciato nel corso di questa vicenda: il potere politico, per assentire
alla richiesta del governo Berlusconi, ha attuato il modello di atteggiamento
che Berlusconi applica alla magistratura italiana. Evitare l'importazione del
virus berlusconiano: era l'approccio fondamentale di chi si è mobilitato
a favore di Battisti a Parigi. Il virus berlusconiano: cioè, pressioni
in vista della sottomissione del legislativo all'esecutivo. La sentenza di primo
grado enuncia questo principio esplicitamente: i magistrati chinano il capo
davanti a considerazioni politiche e lo dichiarano a chiare lettere.
L'unica componente che ha retto in Francia, sottraendosi a una vergogna che
per anni condizionerà il giudizio sulla nazione di Chirac, è stato
il comparto intellettuale. Da Daniel Pennac a Bernard Henri-Lévi, i più
prestigiosi intellettuali francesi hanno gridato allo scandalo, evocando la
Comune di Parigi a simbolo di quanto accadeva: evocando, intendo, l'esito giudiziario
post-Comune come esempio di superamento del trauma storico. Un coraggio che
gli intellettuali italiani non hanno dimostrato, a parte luminose eccezioni
come Erri De Luca.
Una nazione messa sotto scacco, seppure al prezzo dell'abbandono di un'esistenza
ormai solida e integrata, di una famiglia, di affetti e amicizie. Battisti ha
sacrificato molta parte di se stesso con la sua fuga, ma ha coperto la Francia
di merda. Per questo, Battisti entra nella leggenda.
- Il forcaiolismo e l'opinionismo italiani (totalmente coincidenti, in questo
caso) escono dalla vicenda Battisti nella maniera peggiore. Il sisma mediatico
instillato nel Paese attraverso operazioni lautamente pagate e criminali (foto
in prima pagina di un Battisti splatter e distorto; infinite litanie giustizialiste
a sproposito; interviste lacrimevoli; opinioni sgradevoli a favore della legge
del taglione; distorsione scientifica della verità storica e di quella
umana di Battisti) è stato senza precedenti, almeno negli ultimi vent'anni
di vita del Paese. La condanna arrogante, preconcetta, disastrosamente imbevuta
di sangue, è stata propalata attraverso una mobilitazione mediatica inarginabile.
Con Battisti a fare da emblema a una situazione storica complessa, non ancora
digerita dalle genti italiane - condannare Battisti a marcire in cella equivaleva
a condannare in blocco tutti i movimenti dei Settanta/Inizio Ottanta.
La virulenza dell'operazione mediatica era pari soltanto alla sua fragilità:
davano per certo l'esito, sbranavano il cadavere via etere. La fuga di Battisti
restituisce i media alla loro dimensione: sono, il più delle volte, falsificazioni
e auguri. Non penetrano il livello denso ed effettivo del reale. Berciano, strillano,
uccidono linguisticamente. Ma basta una mossa storica per relegarli al loro
destino di bollettini postumi, che arrivano sempre in ritardo e tutt'al più
possono sperare come sperano certi spettatori davanti a un film horror. Non
c'è opinionista giornalista politico, tra quelli intervenuti sul caso
Battisti, che esca pulito da questa vicenda. Leggere la spietatezza delle parole
di Violante, che negava la possibilità futura di un'amnistia, all'indomani
della fuga di Battisti fa ridere e piangere.
Anche per questo svelamento del falso generalizzato e dell'inanità storica
della spettacolarizzazione codina, Battisti è nella leggenda.
- La costituzione delle gabbie giuridiche continentali esce dal caso Battisti
con il grado di posata serietà dell'ultimo dei pagliacci. I tecnocrati
di Bruxelles, che stanno approfittando del condizionamento planetario attraverso
la sigla vuota del "terrorismo" internazionale, si vedono mutilati
del primo risultato concreto a cui avrebbe portato il nuovo regime giuridico
che si sta per applicare in Europa e che coincide con l'abbattimento totale
delle garanzie. Battisti ha pagato (e altri, dopo di lui, pagheranno) una deriva
criminale e neoconservatrice, che si basa sulla demonizzazione di chiunque attraverso
la dicitura "terrorista". Tale dicitura nasconde verità scomode:
la prima delle quali, per esempio, è che l'occidente è in guerra
da anni. Ogni risposta bellica alla battaglia generalizzata scatenata dall'occidente
viene tacciata di terrorismo. I teorici hanno lanciato l'allarme: la situazione
è quella di guerra asimmetrica, non di terrorismo. Ma ai poteri forti
e tecnocratici fa comodo ignorare le cassandre. L'uso inflazionato e drammatizzato
della nozione di "terrorismo" è ciò che ha coinvolto
Battisti in una vicenda in cui il governo italiano si è sentito legittimato
a riprendere per i suoi comodi una terminologia accusatoria che era vecchia
di più di vent'anni.
L'unica garanzia, a questo punto, è sottrarsi a questo protocollo di
indiscriminata violazione dei diritti individuali e collettivi. Il che è
ciò che Battisti ha fatto. Per questo entra nella leggenda.
- Come prevedeva Valerio Evangelisti, gli indegni protagonisti della vicenda
Battisti (indegni tutti, tranne Battisti stesso) sono ora a rischio. Poiché
Battisti è certo che verrà ricordato come una leggenda, gli Spataro
i Violante i Castelli i Pisanu i Perben e tutti gli altri malpensanti mantengono,
a differenza di Battisti, il culo al caldo ma, esattamente come Battisti, entrano
anche loro nella leggenda. Nel senso che ci entrano da Barkilphedro, da Frollo,
da Gollum. Rischiano, cioè, di restare memorabili per la vergogna e l'idiozia,
nella trattazione che gli scrittori (di cui Battisti è parte integrante
e, a questo punto, ancor più apicale) potrebbero lasciare a futura memoria.
Ci stiamo lavorando.
Avendo costruito una leggenda, Battisti ha contribuito al contrattacco letterario.
E' nella leggenda anche per questo.