Renato Sarti - Mai morti
Data: Mercoledì, 25 agosto @ 10:35:53 CEST
Argomento: Per Non Dimenticare


Il monologo teatrale interpretato da Bebo Storti

MAI MORTI
di Renato Sarti
con Bebo Storti
(il protagonista, in pigiama, è seduto sul bordo del letto davanti ad un tavolo. E’ notte profonda) Un giorno un parlamentare di sicura fede fascista dice più o meno così ad un ex perseguitato politico ebreo comunista: "Anche se su barricate opposte tutti e due abbiamo lottato per il bene del nostro paese". E l’altro: "Sì ma con una differenza: siccome abbiamo vinto noi tu stai seduto sugli scranni del Parlamento; se vincevate voi io sarei ancora in galera se non peggio!". E’ gente abituata. Mai rivolgere la parola a quelli, hanno sempre una risposta pronta, non li becchi facilmente in castagna. Negli anni sessanta settanta nelle banche, nelle piazze, sui treni, si era versato sangue innocente? La morte di qualche poveraccio non può arrestare i grandi mutamenti, anzi è il più efficace propellente. Lo diceva il vecchio Peppino "la democrazia è un’infezione dello spirito". Ai funerali di piazza Fontana si doveva fare il gran botto finale. Bastava un ordigno solo e nemmeno ad alto potenziale. La ressa, qualche provocatore avrebbe scatenato un cataclisma controllabile solo da un regime dai muscoli forti come quello greco dei colonnelli. Con a capo di stato magari uno Scipione, un Marcantonio, un Valerio, anche un Maria, purché principe e borghese sia. "Una faccia una razza": la convinzione di poter fare come loro era grande. Stessi programmi, stessi istruttori militari, stesse menti organizzative, americani CIA e ex waffen SS in testa, ma anche portoghesi di Salazar, spagnoli franchisti, ex camerati di tutti i paesi, con sostegni autorevoli quale quello dell’Opus Cenacoli e con un’esperienza alle spalle accumulata in ogni parte del globo. Allora si riusciva a scaraventare anarchici dalla finestra, raccontare frottole a destra e a manca e farla sempre franca. responsabili della giustizia, della difesa, dell’esercito e degli apparati segreti, eran tutti camerati riciclati che garantivano depistaggi e coperture. Dopo quella grande stagione delle stragi è subentrato un lungo periodo di stasi. Da allora qualcuno si è disperso, qualcun altro non si è più ripreso. Altri ancora operano nel settore televisivo che alla lunga si rivelerà sicuramente decisivo anche se il mio è decisamente più circoscritto: (estrae una pistola dal cassetto) Pistola Steyer doppio caricatore automatico, sempre oliata pronta. Apparteneva a una SS. (prende in mano anche un frustino) Queste mani, da trent’anni inoperose, prudono e se non trovano sfogo... se non trovano sfogo la mia mente è costretta a trovare rifugio in episodi lontani, sacri e cari. (beve un sorso ingerendo qualche pastiglia. Getta le ciabatte e infila gli stivaloni)

MUTI/PICCOLO Faccio educatamente la fila, compro il biglietto, prendo posto in una delle poltroncine in fondo alla galleria o alla sala e quando la luce di questa lentamente si abbassa… infilo i tappi nelle orecchie… (esegue) socchiudo gli occhi, dimentico quei quattro cialtroni sul palco, "La resistibile ascesa di Arturo chi?", mi immergo nel buio più pesto e solo a quel punto da Piccolo diventa davvero enorme quel teatro. A fine della rappresentazione vado nei camerini a complimentarmi con questo o quel divo. Il pavone non può rendersi conto che il mio sguardo ansioso scivola altrove, finestre, pareti, pavimenti. Una sarta usa un ferro da stiro; ai tempi se ne sarebbe fatto ben altro uso! E’ per volere del duce che la Ettore Muti è elevata a Legione autonoma. Vanta di essere alle dipendenze dirette dei generali tedeschi ma in quanto a torture non ha bisogno di niente e nessuno. "La Muti", quel nome nella mia mente rimbomba ancora glorioso. Pugni, schiaffi, calci sulla faccia e in ogni parte del corpo, costole, denti, setti nasali spaccati o fratturati. Colpi particolarmente violenti allo stomaco e alla regione cardiaca; pestaggi con sacchetti di sabbia e con stivali pesanti per impronte durature; calcio del fucile, nerbi di bue, scudisci e bastoni a forma di clava. Le punture di scopolamina procurano paresi di un lato del corpo, obnubilamento, incoscienza. Tecnicamente con uno strumento flessibile e terminante in una sfera metallica grossa come una noce colpisci ripetutamente sulla fronte!. Tutto si spella, si fa grumo. Una volta, non quello battuto, ma il compagno che assiste sbraita: "Basta! Basta! Purché smettiate parlo io! Parlo io!". Tanto i corpi di entrambi li ritroveranno in quel di Bruzzano. La nostra particolarità consiste (con il sedere in equilibrio su uno sgabello) in pestaggi violenti sul prigioniero steso con il sedere su uno sgabello. Quando crolla non si fa altro che rimetterlo nella posizione e si riprende. Ci sono anche le foto. Si calpestano i polpastrelli delle dita, si spezzano le mani e con le pinze si strappano una per una le unghie. A volte si tortura i figli per far parlare il genitore. Particolarmente divertenti le esecuzioni finte; tremano come foglie. Più di uno cerca il suicidio ovviamente. I testicoli si possono colpire in vari modi ma strizzati forte nel cassetto diventano come grossi limoni. Violenze prolungate portano alla rottura dei tessuti dell’ano. "Sono più stanco qua che quando lavoravo all’Alfa Romeo", protesta uno dei nostri scagnozzi, "il boia". (ridacchia) In piazza Lavater, via Mercanti a Quinto Romano, in via Tibaldi, al Giuriati, in Caltignana e a Bruzzano, a Camerino, sulla strada fra Rogoredo e Melegnano ci sono le targhe, ci sono, ma non le legge nessuno! "Ce ne freghiamo della galera. Ce ne freghiamo della morte!". Il comandante Spadoni, nel 1947 viene condannato a 24 anni, il 4 gennaio del 1952, anniversario della Repubblica di Salò, sfila in libertà e divisa nera con altri 78 camerati davanti a Rodolfo Graziani nella sua tenuta nell’Agro Pontino. Sua Eccellenza il Vice ré Graziani... mi proietta molto più indietro, alle prime e irripetute grandi gesta dell’impero. Debrà Libanòs. Debrà Libanòs. (infila i pantaloni della divisa della repubblica di Salò o della decima mas) DEBRA' LIBANOS Addis Abeba. Le granate che lo mancano solo in parte nell’attentato del 19 febbraio 1937, per Graziani non sono una iella bensì una vera e propria manna. Da tempo non fa altro che spedire telegrammi su telegrammi: "Bruciate e distruggete tutto ciò che è possibile bruciare e distruggere"; "Dobbiamo continuare l’opera inesorabile di distruzione totale". Mentre… nelle notti seguenti per rappresaglia, interi quartieri di Addis Abeba risplendono a giorno per il bagliore delle migliaia di tucul dati alle fiamme… Mentre... risulta impossibile tenere il conto degli autocarri necessari per ripulire la città dai tremila civili sparsi lungo le strade in solo tre giorni… Mentre... si procede alla eliminazione fisica di gran parte degli esponenti della intellighenzia etiopica, e cinque piroscafi ne deporta centinaia nei campi di concentramento in Italia, la stessa figlia di Hailé Selassiè finisce con i figli a Torino… Mentre... Graziani telegrafa, Mussolini approva "che tutti i cantastorie, indovini e stregoni", fondamentali punti di riferimento culturale e religioso per le popolazioni, sovversivi che fra l’altro predicono l’imminente ritorno del Negus, "siano passati per le armi"… Mentre... nell’intera regione dello Scioa le rappresaglie raggiungono i 6000 morti... a 90 chilometri di Addis Abeba, ai monaci della comunità copta di Debrà Libanòs ridotta allo stremo… come in una favola si presenta una formazione di carabinieri che non squarta, non fucila, non brucia: offre cibo, denaro e si pone a difesa. Non ha alcuna importanza che non sia provata l’attività sovversiva a Debrà Libanòs, Graziani già il 7 marzo sa cosa vuole: "Si assicuri che l’intero monastero passi un brutto momento", e soprattutto il quando: 20 maggio? Tre mesi dopo? Durante le celebrazioni di San Mikael? Aaah... capisco, ressa di fedeli assicurata. Graziani, che mente! Protetti dalla guarnigione gli ingenui copti invitano i fedeli ad accorrere più numerosi per il prossimo San Mikael. Perfetto ufficio propaganda per un massacro non immaginano che di lì a poco non verrà un ufficiale qualsiasi bensì - un cognome una garanzia; come potrebbe venir su storto un suo figlio? - Maletti Pietro Senior Generale: 115.422 tucul incendiati; tre chiese; un convento; 2.523 trucidati. Dove arriva la sua furia devastatrice la popolazione, con bestiame e masserizie si infratta atterrita nei valloni, nelle pieghe del terreno e nelle numerose grotte della regione. Per le operazioni più delicate – evirare o squarciare ventri di donne in cinta – si avvale dell’apporto di feroci guerrieri tribali locali, fra i quali gli ascari. Mentre fervono i preparativi a Debrà Libanòs, un abba, un sacerdote, intuisce quello che accadrà ma rimane inascoltato. Un eremita che vive in una grotta lì vicino gli appare in sogno l’immane che incombe, avverte, cerca di persuadere, ma alla fine se ne fugge da solo. La trappola scatta la mattina del 18. I pellegrini più smaniosi che arrivano con due giorni di anticipo al posto delle icone si trovano le truppe di Maletti appostate sulle colline come santini. (sorride sinistramente compiaciuto) I poveretti realizzano che il dispiegamento di forze non può, non può essere lì per un semplice presidio. A fine giornata si trovano rinchiusi nella chiesa di Debrà Libanòs gremita e rinserrata forte come una prigione. L’amministratore trasferisce immediatamente nello scantinato una parte dei bambini, del personale di servizio e dei suoi sottoposti. La notte passa calma, si prega. (come una preghiera) "Per evitare l’inferno qui in terra, a capo delle tue celesti milizie, San Mikael discendi per una volta soltanto dal tuo paradiso!". (ripete due volte poi sorride) Il telegramma di Sua Eccellenza il viceré Graziani parla chiaro: "Si proceda alla esecuzione sommaria di tutti i monaci senza distinzione, incluso il vicepriore". Dopo due giorni di flusso continuo la mattina del 21 maggio, venerdì, i prigionieri vengono condotti a Laga Wolde, un appartato anfiteatro naturale fra colline e dirupi, dove si può urlare, dimenarsi, mitragliare a volontà, tanto incassata com’è, quella magnifica piana è muta, cieca, sorda. Per risparmiare tempo al posto di singole bende sulle teste degli uomini fatti scendere dai camion viene calato un apposito telo nero. Echeggiano le esecuzioni; un plotone di ascari provvede al colpo di grazia e a preparare il telo per il turno successivo. Si procede senza intoppi, celermente. Ai piedi della piana l’alveo secco del torrente Fincha Wenz alle sei del pomeriggio è tutto inzuppato dell’unica sfumatura di rosso che a noi piace. Se ogni camion può portare dai trenta ai quaranta elementi e la colonna è composta da trentanove camion… la rapidità dell’operazione è presto calcolata: dai 1.200 ai 1.600 in una decina di ore. A questi vanno aggiunti altri 400 uccisi il 26 maggio in un’altra piana in fosse preparate cinque giorni prima. Non bastano i fucili. Si mitraglia. Prima della sventagliata finale, nell’esaltazione del martirio, convinti di un miracoloso trasferimento diretto come martiri in paradiso, i diaconi levano alti al cielo libri di David e inni di gioia. Altri trenta giovanissimi diaconi finiscono nel campo di Danane che nulla ha da invidiare a lager futuri ben più noti. Sulla metà dei 6-7000 internati che sopravvive c’è anche il dodicenne Tebaba Kassa che ha evitato, questo sì miracolosamente, entrambe le esecuzioni. Ne abbiamo ucciso non meno di un milione in Africa, bambini compresi, cosa diavolo si è pensato di lasciare in vita quel moccioso, uno dei pochi, se non l’unico, testimone ad aver assistito dall’inizio alla fine della strage. Ah... l’amministratore, dopo aver rinchiuso bene i bambini, i sottoposti e il personale... esce, lo prendono e lo fucilano con in tasca la chiave di una porta di un monastero del XIII secolo. Se non bastano i calci e i pugni degli adulti a figurarsi se - nonostante la fame e la sete che li divora - se le unghiette dei bimbi possono incidere un legno stagionato pietra. Li trovano, si può immaginare in che stati, 40- 45 giorni dopo, facile la rima con "... fine del topo". Il Vaticano cosa? Si dimenticheranno di loro? Ma quando mai se ne sono accorti? (ridacchia) Per reliquie e ossicini di altra pelle o nazione Ben altri eserciti si sarebbero messi in azione Ma quali martiri o santi? Son negri, son copti, son diversi Altro che cippo alla memoria di bianco alabastro quello che avvoltoi e iene hanno risparmiato a più di settanta di distanza è il loro vero unico sacrario (Si mette la camicia della divisa) "Con i negri", lo scribacchiava una penna illustre fin dalle sue giovanili esternazioni: "Con i negri non si fraternizza, non si può, non si deve!". E’ la stessa penna che afferma che in Africa non siamo ricorsi al gas. (sana risata) Il gas noi lo abbiamo usato eccome. Va bene che oggi ci si scandalizza per quattro fischi ad un centrocampista negro allo stadio, ma perché vergognarsene? Con tutto quel via vai di telegrammi, depositati negli archivi di Stato fra Graziani e Mussolini, Mussolini e Graziani, e soprattutto Mussolini dà e per Badoglio. Se poi uno storico importante su decine di migliaia di pagine dedicate al bel ventennio ai gas dedica solo un rigo, uno solo, beh… beh felice lui felice tutti! Del gas il problema non è il suo utilizzo o meno, su quello son tutti d’accordo, ma la società delle Nazioni che dal ‘25 ne ha bandito l’uso. Mussolini è costretto telegrafare il 5 gennaio ‘37: "Sospendere l’impiego dei gas sino alle riunioni ginevrine… ". Badoglio se ne fotte e 4 giorni dopo telegrafa: "Impiego iprite si è dimostrata molto efficace. Circolano voci di terrore per effetti gas". L’iprite, the mustard gaz, per il suo odore piccante, dei tanti gas il peggiore - bomba C/500-T - provoca ustioni terribili, e necrosi del protoplasma cellulare: distruzione delle cellule. Chi beve l’acqua contaminata muore fra grida atroci e dopo un paio di giorni la carne si stacca a lembi. E’ ottimo anche perché non agisce solo sulle popolazioni ma anche su bestiame, fiumi, pascoli e laghi. Chi dice 2.000 bombe scaricate, chi 2.500, chi 3.000, in gran parte di iprite, per un totale non meno di cinquecento tonnellate. A fine anni trenta l’allora ministro dell’Africa italiana Terruzzi si reca in visita dal Mons Iannone dell’Ordine di Malta il quale, per abbellire un viale della sua residenza, usa 32 civettuoli vasi alti due metri: "Bossoli vuoti di bombe di iprite esplosi? Dove li ha raccattati?". "Qua e là, un po’ dappertutto". "Rimuovere i bossoli e Mons Iannone… a casa!". CONEGLIANO/MANIAGO: DECIMA (è quasi in divisa) "Vogliamo casa Savoia – noi siamo dei figli di troia – noi siamo della decima mass". Alle dipendenze dirette di Kesserling, Mussolini ci teme. La Spezia, Vittoria, Friuli ’44, Maniago… il castello di Conegliano Veneto, il "Castello delle urla strazianti", dopo le torture la maggioranza di quei pochi che sopravvivono vengono fucilati, come nella migliore tradizione della decima, alle spalle. A Maniago nell’attuale palazzo della Pretura, hanno cancellato un gioiellino di stanza con le pareti dipinte di nero con in rilievo teschi, ossa e scene di torturati. I partigiani come entrano restano paralizzati. Maniago, Conegliano… ombre ancor più care e meno lontane, ahimé dimenticate. Non credo alla teoria sostenuta dal Procuratore Generale durante il processo contro il tenente Bertozzi che : "Il diavolo, per quanto sia nero, ha una pezzetto di pelle meno scura". E’ arduo, ci vuole grande impegno e convinzione ma c’è, c’è chi riesce ad essere veramente nero, fuori, dentro. Bertozzi, che invidia! L’Ufficio I, Investigativo, in mano sua era un reparto veramente esemplare. Lui il tenente del principe non si tira mai indietro, fucilazioni novantuno qua, cento partigiani là, 61 fucilati dall’altra parte… Piccolo, un po’ tozzo, cammina un po’ di sbieco, passo danzante da pederasta, lo era. Pure la faccia a causa di una leggera insufficienza del nervo, è asimmetrica e lo rende ancor più bieco. Il cognac, il cognac che tracanna seduto sul divano, frustino sempre pronto in mano, fa il resto. "Io non esito davanti all’omicidio" – dice – "La gente queste cose non le comprende, l’uomo comune si ribella. Bisogna assolutamente saper uccidere, quando è necessario". C’è un lettino con carrucola, soprattutto per le donne, stese nude ovviamente. Una corda legata passa sotto la vita, si tira su, mani dietro il capo e piedi legati al lettuccio, rimangono ad arco fino allo svenimento. A volte si lasciano lì tutta la notte. E poi si violentano a turno e si alternano, calci, pestaggi e frustate. Urla strazianti per un nerbo di bue arroventato che trafigge parti del corpo, per un anello di ferro a pressione che si stringe attorno al cranio, stesse diavolerie a Cuorgné e Conegliano. Urla per spilli sotto le unghie, per fiammiferi e pezzi di carta fra le dita dei piedi e per bruciacchiature con mozziconi sulle orecchie, narici; urla per lesioni ai timpani per la perdita dell’olfatto, della vista e degli occhi; urla per fratture di mani, gambe, costole, piedi. Urla per finte fucilazioni con tanto di prete, confessione e scarica leggermente alta. Urla per esposizione al gelo in pieno inverno, immersione nell’acqua gelata. Urla per i testicoli che si strizzano in vario modo anche se il più divertente è piccoli strattoni con una cordicella. Urla per la scarnificazione dei polpacci da parte di cani: in un caso riescono a mordere una settantina di volte lo stesso detenuto; Urla per lo schiacciamento dei capezzoli delle donne con pinzette! Urla per tagli al costato e alle mammelle. Urla per le nervate sotto le piante dei piedi; urla per bruciacchiature mediante piccole esplosioni di polvere pirica fatta stringere nelle mani. Per tenere alto il morale la truppa costringe con scudisciate giovani inquisiti a percuotersi fra di loro: piccola arena, meno si menano e più son menati. Al parroco di ?itto davanti ai suoi genitori si affibbiano sonore staffilate in faccia seguite da scosse elettriche alle orecchie, bastonate al punto di non poter staccar la camicia dalla carne per il grumo e dulcis in fundo strappi ai genitali. I sacerdoti nel ?ittoria e in Friuli sono stati fra i primi a pagare: del resto proteggono chi non si deve. E poi razzie, incendi, spedizioni punitive, furti, saccheggi… Ma le urla più belle sono quelle dovute all’incisione di piccole x sul petto e sulla schiena con pugnali o corrente elettrica e soprattutto… e soprattutto: una vergata precisa solca la schiena dalla spalla sinistra al fianco destro; un’altra dalla spalla destra al fianco sinistro. E così avanti finché non rimane nitida e incancellabile la sacra X. C’è, c’è ancora in giro qualcuno che se va al mare senza maglietta, a tutt’oggi e a gratis, alla Decima fa propaganda. (si mette la giacca e si pettina. Ormai manca solo il berretto e la cravatta nel caso di divisa della Decima) CUORGNE' Sono stanco. La mia mente è ormai quasi colma. Riesco a fare solo un ultimo piccolo passo. A Cuorgné, afa soffocante, estate ’44, piazza centrale, platani, tavolini di un bar, refrigerio, sollievo. Oggi albergo con ristorante, allora Caserma Pinelli, nota come "Albergo Bertozzi". Fra la metà di mille, il caso più significativo, viene rinchiusa, insieme ad un’altra decina di parenti, la nipote di un comandante partigiano accoltellato in un’imboscata. Mi ritrovo non per caso fra le mani questo foglio. Ha soli diciotto anni la staffetta partigiana. E’ giovane e allora?. La ragazza sa nomi, cognomi, indirizzi, nascondigli? Certo, quindi o parla o… (ridacchia) diciotto o non diciotto si proceda lo stesso. Violentata sul serio, uno alla volta, a turno, fuori c’è la fila. La lingua si scioglierà dopo una giornata come questa? Dopo due nemmeno? Dopo tre, quattro cinque giorni una settimana ancora niente? E allora avanti per due settimane, avanti per tre settimane… avanti per un mese continuo. Questa è la fotocopia dell’originale! (ridacchia poi legge) "Commissione Medica per le pensioni di guerra. Estratto del verbale di visita subita dall’ex militare partigiano nome, cognome eccetera. Residente eccetera figlia di eccetera… presso Commissione Medica gennaio 1964. Infermità riscontrata: "Psiconevrosi ansiosa con note depressive in soggetto che ha subito violenza carnale e isteromizzato". Isteromizzato… troppo tecnico come termine, era più giusto scrivere utero infetto di staffetta partigiana esportato del tutto. Patrioti? I figli di troia hanno dato e fatto molto di più e molto di peggio. Personalmente faccio parte di un comitato promotore di un nuovo corpo di volontari. Negri, viados, puttane dell’est, drogati, zingari, slavi, albanesi, marocchini, africani, omosessuali. Camice verdi, nere, bianche non è il colore conta ma intendersi bene sugli intenti finali. Per il momento ma solo per il momento ci limitiamo semplicemente presidiare e a intimidire. Ma appena ce lo consentiranno… perché tanti sono i sintomi positivi in giro. Sabato e Domenica 22 e 23 gennaio, Gorizia città medaglia d’oro per la resistenza, ci ha accolti con tutti gli onori e tutti i nostri gonfaloni. Primeggiava il teschio con la rosa in bocca a ribadire che per noi la morte ha il profumo di un fiore! Viva quel sindaco coraggioso! Dall’Austria vengono le idee migliori. Cerca alleanze per dare finalmente un Nuovo Ordine Europeo. Nel Veneto non si aspetta altro e anche da noi nel lombardo ci sono tutti i presupposti per poter fare bene. Ho letto di quell’imprenditore che ha bruciato un extracomunitario perché gli chiedeva l’aumento e di quel sindaco che voleva spargere di merda un campo di zingari? Perché non l’ha fatto? Tanto nessuno protesta, non una interpellanza, di cortei neanche l’ombra. Mai la situazione è stata così favorevole per un nostro rientro alla grande. Dobbiamo essere lesti, gagliardi, fieri. A quel sindaco e a quell’imprenditore devo spedire le nostre riviste, opuscoli vari, invitarli tutti ai nostri raduni sul lago, comunicare il sito. (si pettina e lucida gli scarponi. Adesso è vestito completamente da Decima Mas o repubblichino). E anche dal nostro capoluogo… chi se frega se il figlio o il nipote di Vittoriani protestano perché non si è rispetta quanto con loro concordato. Errore? Malafede? Non ha importanza. La parola antifascista deve sparire da ogni targa celebrativa, da ogni vocabolario! Avere il coraggio di fare come con le motivazioni di certe benemerenze passate sotto il più assoluto silenzio. Solo con il ceffone e il bastone si può raddrizzare una genia smidollata, nata stanca. "La guerra è lo stato naturale dell’uomo maschio". "Le parole volano, l’esempio trascina". "Siamo cento e cento e cento siamo forti arditi e sani il fior fior degli italiani C’è a chi piace far l’amore c’è a chi piace far denaro ma a noi piace far la guerra con la morte paro a paro" "Tu vivi di illusioni vigliacche popolo italiano se pensi di poter uscire presto dal tuo inferno!". "Noi la Patria la portiamo nel sangue e siamo pronti per lei ad ammazzare la nostra stessa madre e ad inchiodare Cristo ad una seconda croce"… (Mentre continua con motti e versi di questo tipo la luce si spegne)
copyright 2000 Renato Sarti & Maratona di Milano

Testo e regia Renato Sarti
Con Bebo Storti
Luci Nando Frigerio
Produzione Teatro della Cooperativa e Teatridithalia
Una data del tuor: domenica 5 settembre 2004 Ore 21.30 Fidenza (Parma)
Teatro Girolamo Magnani
Festival di Lilliput 2004
Ingresso € 10.00


È affidato a Bebo Storti il difficile compito di dare voce a questo nostalgico delle “belle imprese” del ventennio fascista, oggi impegnato in prima persona a difesa dell’”ordine pubblico”, contro viados, extracomunitari, zingari e drogati.
"Mai Morti" era il nome di uno dei più terribili battaglioni della Decima Mas.

A questa formazione, che operò a fianco dei nazisti nella repressione antipartigiana, e al magma inquietante del pianeta fascista il personaggio guarda con delirante nostalgia.

È una figura di fantasia, ma tragicamente realistica: Renato Sarti, drammaturgo autore da sempre impegnato sui temi della memoria storica, ha voluto ripercorrere, attraverso i racconti di un uomo “mai pentito”, episodi della nostra storia ampiamente documentati, per far riflettere, in modo diretto e crudo, su quanto, in Italia, il razzismo, il nazionalismo e la xenofobia siano ancora difficili da estirpare.

Il testo di Renato Sarti, presentato nella sua forma breve alla Maratona di Milano nel luglio 2000, è stato prodotto nella versione completa da Teatridithalia e ha debuttato nel febbraio 2002 al Teatro dell'Elfo di Milano.



Riceviamo e pubblichiamo



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Debugage de WB_CedStat v1.3 - LA GRANDE FAMIGLIA Modena City Ramblers Official Fans Club
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