I CENTO PASSI da ''Viva la vida, muera la muerte''
Data: Domenica, 23 maggio @ 23:37:24 CEST Argomento: RamblerSong non sono solo canzonette...
I CENTO PASSI da "Viva la vida, muera la muerte" (4'24")
I CENTO PASSI
da "Viva
la vida, muera la muerte" (4'24")
La
lotta di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia perché aveva il dono di essere
coraggioso, onesto e coerente prima di tutto con se stesso per essere generoso
con gli altri (con un frammento del dialogo dal film I cento passi di Marco
Tullio Giordana).
"Sei andato a scuola, sai
contare?" "si so contare"
"E sai camminare?" "so camminare" "E contare e camminare
insieme lo sai fare?" "credo di si"
"Allora forza, conta e cammina.. 1,2,3,4.." "ma dove stiamo andando?"
"..conta e cammina..95,96,97,98,99,100..lo sai chi ci abita qui?
U zio Tanu ci abita qui.. cento passi ci sono da casa nostra, cento passi"
(Tanu è il boss Gaetano Badalamenti, che fece uccidere Peppino Impastato)
(dal film I Cento Passi di M.T. Giordana sulla storia di Peppino Impastato)
Nato nella terra dei vespri e
degli aranci, tra Cinisi e Palermo parlava alla sua radio..
Negli occhi si leggeva la voglia di cambiare, la voglia di Giustizia che lo
portò a lottare..
Aveva un cognome ingombrante e rispettato, di certo in quell'ambiente da lui
poco onorato..
Si sa dove si nasce ma non come si muore e non se un'ideale ti porterà
dolore..
"Ma la tua vita adesso puoi cambiare solo se sei disposto a camminare,
gridando forte senza aver paura
contando cento passi lungo la tua strada"..
Allora.. 1,2,3,4,5,10,100 passi!..1,2,3,4,5,10,100 passi!
"Noi ci dobbiamo ribellare"
(dal film)
Poteva come tanti scegliere e
partire, invece lui decise di restare..
Gli amici, la politica, la lotta del partito.. alle elezioni si era candidato..
Diceva da vicino li avrebbe controllati, ma poi non ebbe tempo perchè
venne ammazzato..
Il nome di suo padre nella notte non è servito, gli amici disperati non
l'hanno più trovato..
"Allora dimmi se tu sai contare, dimmi se sai anche camminare, contare,
camminare insieme a cantare
la storia di Peppino e degli amici siciliani"..
Allora.. 1,2,3,4,5,10,100 passi!..1,2,3,4,5,10,100 passi!
Era la notte buia dello Stato
Italiano, quella del nove maggio settantotto..
La notte di via Caetani, del corpo di Aldo Moro, l'alba dei funerali di uno
stato..
"Allora dimmi se tu sai contare, dimmi se sai anche camminare, contare,
camminare insieme a cantare
la storia di Peppino e degli amici siciliani"..
Allora.. 1,2,3,4,5,10,100 passi!..1,2,3,4,5,10,100 passi!
"E' solo un mafioso, uno
dei tanti"
"E' nostro padre" "mio padre, la mia famiglia, il mio paese..
ma io voglio fotter.. mene
io voglio scrivere che la mafia è una montagna di m.. erda, io voglio
urlare!" (dal film)
Una breve biografia di Peppino
Impastato:
Peppino nasce a Cinisi il 5 gennaio 1948 da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato.
La famiglia Impastato è bene inserita negli ambienti mafiosi locali: si noti
che una sorella di Luigi ha sposato il capomafia Cesare Manzella, considerato
uno dei boss che individuarono nei traffici di droga il nuovo terreno di accumulazione
di denaro. Frequenta il Liceo Classico di Partinico ed appartiene a quegli anni
il suo avvicinamento alla politica, particolarmente al PSW, formazione politica
nata dopo l'ingresso del PSI nei governi di centro-sinistra. Assieme ad altri
giovani fonda un giornale, "L'Idea socialista" che, dopo alcuni numeri, sarà
sequestrato: di particolare interesse un servizio di Peppino sulla "Marcia della
protesta e della pace" organizzata da Danilo Dolci nel marzo del 1967: il rapporto
con Danilo, sia pure episodico, lascia un notevole segno nella formazione politica
di Peppino. In una breve nota biografica Peppino scrive: "Arrivai alla politica
nel lontano novembre del '65, su basi puramente emozionali: a partire cioè da
una mia esigenza di reagire ad una condizione familiare ormai divenuta insostenibile.
Mio padre, capo del piccolo clan e membro di un clan più vasto, con connotati
ideologici tipici di una civiltà tardo-contadina e preindustriale, aveva concentrato
tutti i suoi sforzi, sin dalla mia nascita, nel tentativo di impormi le sue
scelte e il suo codice comportamentale. E' riuscito soltanto a tagliarmi ogni
canale di comunicazione affettiva e compromettere definitivamente ogni possibilità
di espansione lineare della mia soggettività. Approdai al PSIUP con la rabbia
e la disperazione di chi, al tempo stesso, vuole rompere tutto e cerca protezione.
Creammo un forte nucleo giovanile, fondammo un giornale e un movimento d'opinione,
finimmo in tribunale e su tutti i giornali. Lasciai il PSIUP due anni dopo,
quando d'autorità fu sciolta la Federazione Giovanile. Erano i tempi della rivoluzione
culturale e del "Che". Il '68 mi prese quasi alla sprovvista. Partecipai disordinatamente
alle lotte studentesche e alle prime occupazioni. Poi l'adesione, ancora na
volta su un piano più emozionale che politico, alle tesi di uno dei tanti gruppi
marxisti-leninisti, la Lega. Le lotte di Punta Raisi e lo straordinario movimento
di massa che si è riusciti a costruirvi attorno. E' stato anche un periodo,
delle dispute sul partito e sulla concezione e costruzione del partito: un momento
di straordinario e affascinante processo di approfondimento teorico. Alla fine
di quell'anno l'adesione ad uno dei due tronconi, quello maggioritario, del
PCD'I ml.- il bisogno di un minimo di struttura organizzativa alle spalle (bisogno
di protezione ), è stato molto forte. Passavo, con continuità ininterrotta da
fasi di cupa disperazione a momenti di autentica esaltazione e capacità creativa:
la costruzione di un vastissimo movimento d'opinione a livello giovanile, il
proliferare delle sedi di partito nella zona, le prime esperienze di lotta di
quartiere, stavano lì a dimostrarlo. Ma io mi allontanavo sempre più dalla realtà,
diventava sempre più difficile stabilire un rapporto lineare col mondo esterno,
mi racchiudevo sempre più in me stesso. Mi caratterizzava sempre più una grande
paura di tutto e di tutti e al tempo stesso una voglia quasi incontrollabile
di aprirmi e costruire. Da un mese all'altro, da una settimana all'altra, diventava
sempre più difficile riconoscermi. Per giorni e giorni non parlavo con nessuno,
poi ritornavo a gioire, a riproporre: vivevo in uno stato di incontrollabile
schizofrenia. E mi beccai i primi ammonimenti e la prima sospensione dal partito.
Fui anche trasferito in un. altro posto a svolgere attività, ma non riuscii
a resistere per più di una settimana: mi fu anche proposto di trasferirmi a
Palermo, al Cantiere Navale: un pò di vicinanza con la Classe mi avrebbe giovato.
Avevano ragione, ma rifiutai.Mi trascinai in seguito, per qualche mese, in preda
all'alcool, sino alla primavera del '72 ( assassinio di Feltrinelli e campagna
per le elezioni politiche anticipate ). Aderii, con l'entusiasmo che mi ha sempre
caratterizzato, alla proposta del gruppo del "Manifesto": sentivo il bisogno
di garanzie istituzionali: mi beccai soltanto la cocente delusione della sconfitta
elettorale. Furono mesi di delusione e disimpegno: mi trovavo, di fatto, fuori
dalla politica. Autunno '72. Inizia la sua attività il Circolo Ottobre a Palermo,
vi aderisco e do il mio contributo. Mi avvicino a "Lotta Continua" e al suo
processo di revisione critica delle precedenti posizioni spontaneistiche, particolarmente
in rapporto ai consigli: una problematico che mi aveva particolarmente affascinato
nelle tesi del "Manifesto" Conosco Mauro Rostagno : è un episodio centrale nella
mia vita degli ultimi anni. Aderisco a "Lotta Continua" nell'estate del '73,
partecipo a quasi tutte le riunioni di scuola-quadri dell'organizzazione, stringo
sempre più o rapporti con Rostagno: rappresenta per me un compagno che mi dà
garanzie e sicurezza: comincio ad aprirmi alle sue posizioni libertarie, mi
avvicino alla problematica renudista. Si riparte con l'iniziativa politica a
Cinisi, si apre una sede e si dà luogo a quella meravigliosa, anche se molto
parziale, esperienza di organizzazione degli edili. L'inverno è freddo, la mia
disperazione è tiepida. Parto militare: è quel periodo, peraltro molto breve,
il termometro del mio stato emozionale: vivo 110 giorni di continuo stato di
angoscia e in preda alla più incredibile mania di persecuzione "
Nel 1975 organizza il Circolo "Musica e Cultura", un'associazione che promuove
attività culturali e musicali e che diventa il principale punto di riferimento
por i giovani di Cinisi. All'interno del Circolo trovano particolare spazio
ìl "Collettivo Femminista" e il "Collettivo Antinucleare" Il tentativo di superare
la crisi complessiva dei gruppi che si ispiravano alle idee della sinistra "rivoluzionaria"
, verificatasi intorno al 1977 porta Giuseppe Impastato e il suo gruppo alla
realizzazione di Radio Aut, un'emittente autofinanziata che indirizza i suoi
sforzi e la sua scelta nel campo della controinformazione e soprattutto in quello
della satira nei confronti della mafia e degli esponenti della politica locale.
Nel 1978 partecipa con una lista che ha il simbolo di Democrazia Proletaria,
alle elezioni comunali a Cinisi. Viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche
giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l'esposizione di una documentata
mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori
e gruppi mafiosi: il suo corpo è dilaniato da una carica di tritolo posta sui
binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Le indagini sono, in un primo tempo
orientate sull'ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato,
o, in subordine, di un suicidio "eclatante". Il caso giudiziario è stato chiuso
e riaperto per ben tre volte, sino ad arrivare all'attuale processo, ancora
in corso, nei confronti del boss di Cinisi Gaetano Badalamenti e del suo complice
Vito Palazzolo, accusati di essere i mandanti del delitto. (tratto da www.peppinoimpastato.com)
Un documento sul film di Marco
Tullio Giordana:
“Tra la casa di Peppino Impastato e quella di Gaetano Badalamenti ci sono cento
passi. Li ho consumati per la prima volta in un pomeriggio di gennaio, con uno
scirocco gelido che lavava i marciapiedi e gonfiava i vestiti. Mi ricordo un
cielo opprimente e la strada bianca che tagliava il paese in tutta la sua lunghezza,
dal mare fino alle prime pietre del monte Pecoraro. Cento passi, cento secondi:
provai a contarli e pensai a Peppino. A quante volte era passato davanti alle
persiane di Don Tano quando ancora non sapeva come sarebbe finita. Pensai a
Peppino, con i pugni in tasca, tra quelle case, perduto con i suoi fantasmi.
Infine pensai che è facile morire in fondo alla Sicilia.” (Claudio Fava,
“Cinque delitti imperfetti”, Mondatori 1994, p.9)
Già nel ’78 la storia di
Peppino aveva ispirato due efficaci servizi televisivi di Michele Mangiafico
e di Giuseppe Marrazzo.
L’idea di fare un film sulla vicenda viene, nel 79 al regista Gillo Pontecorvo.
Egli arriva a Cinisi per un’indagine preliminare, si informa se nella vita di
Peppino c’era qualche ragazza, chiede per quale motivo la gente avrebbe dovuto
dare ascolto a Peppino e al suo messaggio, sparisce senza dare più notizie.
Nel 1993 Claudio Fava e il regista Marco Risi preparano, per Canale 5, un servizio
su Peppino, il primo di una serie intitolata “Cinque delitti imperfetti”, quelli
di Impastato, Boris Giuliano, Giuseppe Insalaco, Mauro Ristagno e Giovanni Falcone.
Nel 1995 ci prova il regista Antonio Garella, che prepara un video, poi inspiegabilmente
non più trasmesso, per la trasmissione televisiva “Mixer”. C’è anche qualche
“Piovra” televisiva che si ispira al caso di un giovane impegnato contro la
mafia, che lavora in una radio libera.
Nel 1998 è la volta del giovane regista Antonio Bellia con un video di 32 minuti
dal titolo “Peppino Impastato: storia di un siciliano libero”, distribuito da
“Il Manifesto”.
Contemporaneamente Claudio Fava e la sua compagna Monica Capelli cominciano
a lavorare su una sceneggiatura, mi richiedono una copia delle registrazioni
di Radio Aut, concorrono al Premio Solinas, che vincono, e con il quale si ottengono
una parte dei fondi per finanziare il film. Il lavoro di regia viene affidato
a Marco Tullio Giordana, già autore di alcuni films d’impegno, come “Maledetti
vi amerò” (1980) e “Pasolini, un delitto italiano” (1995), autore anche di un
romanzo edito nel 1990 “Vita segreta del signore delle macchine”: come scritto
in un settimanale, si ritrova nella sua opera “l’ossessivo filo conduttore del
confronto con la memoria”.
Giordana, con molto scrupolo professionale, individua i luoghi, ascolta le testimonianze,
recepisce i suggerimenti di modifica di alcune parti di sceneggiatura, assume
gli attori, in gran parte locali e, comunque siciliani: tra di essi Luigi Lo
Cascio, un attore di teatro alla sua prima esperienza, che recita la parte di
Peppino,, cui somiglia in modo impressionante, Lucia Sardo, ottima interpetre
della madre di Peppino, Gigi Burruano, il padre di Peppino, che conferisce al
suo personaggio una drammatica e toccante umanità, Tony Sperandeo, ormai specializzato
nella parte del mafioso e, in questo caso di Tano Badalamenti, Claudio Gioè,
interamente dentro la parte di Salvo Vitale. Il film crea scalpore ed entusiasmo
a Cinisi, coinvolge l’intero paese e riesce ad ottenere molti più risultati
di quanti non se ne erano conseguiti in vent’anni di lavoro politico.
Dopo alcuni mesi di intenso impegno, grazie anche al sostegno del giovane produttore
Fabrizio Mosca, Giordana riesce a concludere il lavoro e partecipa, il 31 agosto,
al Festival di Venezia: l’effetto è subito sconvolgente: dodici minuti di applausi,
entusiasmi, premio per la migliore sceneggiatura, leoncino d’oro a Lorenzo Randazzo,
che interpreta la parte di Pappini bambino.
Man mano che esce nelle sale cinematografiche, il film continua a raccogliere
consensi, a suscitare emozioni e si conclude costantemente con applausi spontanei
e forti momenti di commozione: il regista ha saputo creare un prodotto equilibrato
in ogni sua parte, calato quasi totalmente nel fatto reale e che ruota in una
serie di tematiche ancora presenti nella memoria, dalla splendida utopia del
’68 alla forza delle idee della sinistra extra-parlamentare, alla dinamica dei
conflitti familiari nel triangolo padre-madre-fratello, all’intuizione dell’uso
politico dello strumento radiofonico, all’entusiasmo giovanile dei compagni
di lotta, alla creatività degli hyppies e dei movimenti del ’77, alla crudeltà
di un sistema che non esita a ricorrere alla morte nei confronti di chi lo smaschera
e ne denuncia i misfatti. Le scuole di tutta Italia, le università, le associazioni
culturali scoprono Peppino Impastato e proiettano il film aprendo dibattitisu
questa pagina di storia e di vita.
Il film è scelto anche per rappresentare l’Italia all’Oscar, come miglior film
straniero, ma non avrà la fortuna di concorrere alla fase finale del premio
per le stesse ragioni a suo tempo avanzate per “Il Postino”: è un film “comunista”,
o quantomeno un film in cui il comunismo è considerato una “positiva” scelta
di vita: per gli americani è meglio lasciar perdere. In compenso, nell’aprile
del 2001 il film vince cinque David di Donatello, tra i quali quello per la
scuola e quello per io miglior attore protagonista, Luigi Lo Cascio.
(Tratto dal libro “Nel cuore dei coralli Peppino Impastato una vita contro
la mafia” di Salvo Vitale, Ed. Rubbettini, p. 246)
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