ALTRI MONDI da "Viva la vida, muera la muerte" (4'55")
ALTRI MONDI
da "Viva la vida, muera la muerte" (4'55")
Quanto dolore, quante
tensioni / Nascoste tra noi nei nostri pensieri / Troppi nemici, troppi veleni
/ Nascono tra noi, nei nostri desideri / Molto lontani dalla realtà /
Troppo lontani dalle verità / Noncuranti dei bisogni / Delle nostre paure
/ Paura di volare, paura di morire / La paura di non sapere più da che
parte stare / Non riuscire più a distinguere cos'è il bene ed
il male / Another world is possible / Un otro mundo es posible / Un altro mondo
è possibile / Un autre monde est possible / Di nascosto nei palazzi delle
nostre città / Si sezionano le sorti dell'umanità / Noncuranti
dei bisogni, dei nostri desideri / Delle nostre paure, paura di morire / Segnali
ribelli, voci pirata / Nel nostro medioevo frequenze illegali / Corrono veloci
le comunicazioni / Rimbalzando tra i satelliti ultraplanetari / Arrivano, colpiscono,
confondono e cancellano / Riscrivono di colpo tutto ciò che è
stato / Ma non è troppo tardi ancora, non è tardi per cambiare
/ Per sognare altri mondi non è mai troppo tardi / Another world is possible...!
/ Di nascosto nei palazzi delle nostre città / Si sezionano le sorti
dell'umanità / Noncuranti dei bisogni, dei nostri desideri / Delle nostre
paure, paura di morire / Cambiare !
Un altro mondo
è possibile - e necessario
di Mark Weisbrot (01 febbraio 2003, da www.zmag.org)
PORTO ALEGRE, BRASILE -
"Voglio dire alla gente che è a Davos che il mondo non ha bisogno
di guerra, il mondo ha bisogno di pace e di comprensione", ha detto il
presidente Lula da Silva ad una folla esultante di decine di migliaia di persone
in questa soleggiata città portuale del sud est del Brasile. Se c'è
un tema che unifica il Forum Mondiale Sociale (WSF) di quest'anno - e coglie
l'irrazionalità e il carattere distruttivo del fatto che uno sparuto
gruppo di persone abbia tanto potere nel determinare il destino del mondo -
è l'opposizione alla guerra imminente contro l'Iraq.
Il Forum Mondiale Sociale iniziò tre anni fa - con lo slogan "un
altro mondo è possibile" - come alternativa al Forum Mondiale dell'Economia,
un raduno esclusivo di ricchi e potenti tenuto nello stesso periodo nella località
montana di Davos, in Svizzera.
Il WSF è cresciuto
enormemente, attirando più di 100.000 partecipanti a Porto Alegre, venuti
ad assistere alla serie di eventi di quest'anno. E tra i delegati di 126 paesi,
il gruppo più grande quest'anno, escluso quello brasiliano, é
- con la sorpresa di molti - quello che viene dagli Stati Uniti.
Anche questo ha a che fare
con la guerra. Mentre il segretario di stato Colin Powell imbonisce la gente
a Davos cercando di fare il prepotente e di corrompere altri governi perché
lo seguano (ad esempio, con un prestito gigantesco dell'FMI di 16 miliardi di
dollari e con una sovvenzione di 4 miliardi di dollari al governo della Turchia,
dove il 90% della popolazione è contraria alla guerra), il notevole movimento
contro la guerra americano ha teso la mano alla sua controparte nel resto del
mondo.
E' una triste testimonianza
dello stato della democrazia americana il fatto che abbiamo bisogno dell'aiuto
di altri paesi per impedire che il nostro presidente mandi a morire la nostra
stessa gente - insieme a migliaia o decine di migliaia di civili innocenti -
in una guerra che la maggior parte degli americani non vuole.
Ma la guerra non è
la sola problematica che fa incontrare qui gente da tutto il mondo, gente contraria
alle politiche americane che causano tanti danni intorno al mondo. Il più
elevato numero di delegati è quello dell'america latina, dove il profondo
fallimento della linea politica qui nota come "neoliberismo" è
divenuta fin troppo ovvia. Gli ultimi 20 anni hanno visto il peggior rendimento
della regione in più di un secolo, con un reddito pro capite che cresce
a malapena. La ricetta statunitense di sostituire a quella che era una politica
di sviluppo, un'indiscriminata apertura dei mercati e dei flussi finanziari,
insieme a tassi d'interesse sfiancanti e austerità nei finanziamenti,
ha fallito miseramente persino per sua stessa ammissione.
Il rifiuto del "Washington
Consensus", spesso imposto all'america latina da istituzioni controllate
dagli Stati Uniti come l'FMI e la Banca Mondiale, è ciò che ha
portato al potere il presidente del Brasile Lula da Silva. E così lui
è il simbolo appropriato dell'importanza crescente del WSF e delle sue
idee, relativamente alla controparte costituita dalle elite a Davos. Anche l'anno
scorso Lula fu accolto con entusiasmo qui, come un vero eroe della classe operaia,
che tutti amavano, anche se pochi pensavano che avrebbe realmente vinto. Ora
è il presidente del secondo più grande paese delle Americhe.
Ma deve ancora fare i conti
con i non eletti "Padroni dell'Universo", come il London Financial
Times ha ribattezzato i leader riuniti a Davos, dove ha parlato anche Lula.
Capo tra questi padroni è l'FMI, che ha un programma per il governo del
Brasile che è letteralmente impossibile. Il precedente governo ha accumulato
un debito pubblico enorme: è lievitato dal 29% a più del 65% del
prodotto interno lordo durante gli otto anni di carica dell'ex-presidente Cardoso.
Con i tassi di interesse interni al 25.5%, questo onere di debiti non è
sostenibile.
Il Brasile dovrà
o abbassare considerevolmente i suoi tassi d'interesse, o rinegoziare il suo
debito, ma l'FMI e i mercati finanziari sono contrari ad entrambe le opzioni.
Sperano invece di continuare a spremere sempre più denaro dai fondi del
governo, tramite il pagamento di debiti. Questo non potrà durare a lungo,
e fino a che vengono perseguite queste politiche sarà molto difficile
per il governo ristabilire la crescita economica o mantenere le sue altre promesse
di fermare la fame e aiutare i poveri. Un confronto sarà inevitabile.
"Non sono stato eletto
dai mercati finanziari, e non sono stato eletto dai potenti interessi economici...
Sono stato eletto grazie all'alto livello di consapevolezza della società
Brasiliana." Ha detto Lula alla folla a Porto Alegre.
La gente qui sembra essere
d'accordo. Uno striscione di una delle grandi manifestazioni che ci sono state
recita: "Arrenditi, Davos. Lula è uno di noi".