Caro Diario...
Data: Mercoledì, 26 settembre @ 13:16:16 CEST Argomento: Succede in Italia
Venerdì 7 settembre se ne è andato un altro pezzo dell'informazione indipendente. L'inizio di una reazione a catena? - di Inti
Venerdì 7 settembre 2007 Diario della settimana ha pubblicato il suo ultimo numero.
In edicola fin dal lontano 1996, Diario ha raccontato, in questi dieci anni e più, tutti i grandi avvenimenti attraverso cui siamo passati; ma adesso è costretto a chiudere.
"Per un po'", dice l'editoriale... Speriamo!
In quest'ultimo numero si trova, tra le altre cose, un interessante reportage da Guantanamo, un articolo su Manu Chao ed il suo nuovo disco, la recensione di un documentario di Julien Temple sui Clash, oltre alla consueta rubrica sui fatti della settimana nel mondo, che tratta di argomenti più (incendi in Grecia) o meno noti (come la notizia che in Algeria le società di costruzioni cinesi preferiscono importare anche la manodopera, che costa meno di quella locale...).
Io ho iniziato a leggere in maniera più assidua Diario ai tempi di Genova/G8.
Sia il prima (le aspettative dei forum, i punti di vista non solo dei manifestanti, ma anche -interessante e poco trattato- da parte dei poliziotti schierati a difesa delle zone rosse/gialle), che soprattutto il dopo (e qui tutti sappiamo cos'è).
Articoli certo un po' di parte (la "mia parte", d'altronde), ma mai faziosi, e che anche quando non condividevo mi inducevano a riflettere.
Poi, Torri Gemelle, Afghanistan, Iraq, Berlusconi, Prodi...
Era il 2001 e adesso sembra passato un secolo.
Una domanda a questo punto è inevitabile: perchè?
Perchè il giornale chiude?
Basta fare due conti: in 68 pagine, copertine comprese, ci sono appena 9 pagine scarse di pubblicità, tra cui una Onlus, che temo non possa nemmeno permettersi di pagar molto.
Gli altri settimanali "istituzionali" come Espresso e Panorama sono diventati una scusa per venderci DVD, Dischi, Cassette, Gadget, ecc. E questi concedono più di un terzo delle loro pagine ai vari prodotti da reclamizzare.
Il Manifesto galleggia tra una crisi e l'altra con numeri speciali a 5 euro, appelli e sottoscrizioni più ordinarie che straordinarie.
Liberazione (ma anche Unità e altri)potrebbero anche regalarlo, chè tanto è organo di partito e da quello guadagna.
In più, si aggiungono le notizie lette (gratis anche qui, perchè paga mamma pubblicità) su Internet, ed il gioco è fatto.
Insomma: nel nuovo mondo della carta stampata c'è spazio per giornali che vengono regalati agli angoli delle strade, che guadagnano (e bene) solo con la pubblicità.
Ma non è possibile pensare di fare l'opposto: una rivista che vive solo del prezzo di copertina.
Quesa "impossibile coerenza", come direbbe Daniele Silvestri, oggi pare un lusso: i costi fissi legati al pubblicare un qualsiasi giornale sono tali da non poter più prescindere dagli apporti degli "sponsor".
Ma chi è che non vuole chi?
E' il giornale che preferisce mantenere la sua indipendenza anche dall'eventuale condizionamento dello sponsor?
Oppure è il contrario, ovvero che queste riviste hanno un bacino d'utenza troppo piccolo per essere appetibili come veicolo pubblicitario?
Certo, se fosse buona la prima risposta, verrebbe da domandarsi se ne valga la pena.
E' meglio restar duri e puri, ma senza lettori, oppure è il caso di "allentare" un poco le regole al fine di riuscire a raggiungere un numero maggiore di lettori?
Se invece fosse la seconda, la domanda potrebbe essere: "cosa posso fare per rendermi più interessante ad uno sponsor, senza per questo "prostituire" la mia identità?"
Qualunque sia la causa, il risultato è che adesso abbiamo un giornale in meno in edicola. E domani forse altri...
E quando diminuisce l'informazione non è mai un buon segno.
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