UCCISO GITO BALOI: PERCHE' ?
Data: Venerdì, 23 aprile @ 11:30:00 CEST Argomento: Succede nel Mondo
Come
tutti avrete saputo il musicista nero, che ha collaborato coi Ramblers nell'ultimo
disco duettando con Cisco in "Lontano", è stato ucciso a Johannesburg
nel corso di una rapina.
In questo articolo, tratto
da Internazionale.it, John Matshikiza, un columnist del Mail & Guardian, un settimanale
indipendente sudafricano, fa un'analisi sul problema della criminalità
a Johannesburg.
Come tutti avrete saputo il musicista
nero, che collaborato coi Ramblers nell'ultimo disco duettando con Cisco in
"Lontano", è stato ucciso a Johannesburg nel corso di una rapina.
In questo articolo, tratto da
Internazionale.
it , John Matshikiza, un columnist del Mail & Guardian, un settimanale
indipendente sudafricano, fa un'analisi sul problema della criminalità
a Johannesburg.
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John Matshikiza
È nato a Johannesburg, in Sudafrica, nel 1954. Attore, scrittore
e regista, ha realizzato una serie di documentari intitolata
Africa salutes Mandela. È un columnist del Mail &
Guardian.
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Psicosi
sudafricana
Violenza e illegalità si sono trasformate in una bestia
autonoma, come il mostro di Frankenstein
15 aprile 2004
Il partito al governo è lì, sulla tribuna elettorale,
con un programma che parla di "lotta alla povertà e creazione
di posti di lavoro". A quanto pare questa è la panacea,
la risposta a tutti i mali del Sudafrica: basta dare un
lavoro alla gente e la criminalità ? la piaga principale
del paese (insieme con l'aids) ? svanirà. Andatelo a raccontare
alla famiglia di Gito Baloi e alle migliaia di persone
che amavano la sua musica, private della sua presenza
calorosa e affettuosa per colpa di una rapina casuale,
avvenuta una domenica mattina in pieno centro di Johannesburg.
Baloi è stato ucciso con un colpo d'arma da fuoco nella
sua auto: stava tornando a casa dopo una serata a Pretoria.
I rapinatori hanno abbandonato il corpo agonizzante per
strada, e se la sono squagliata nella notte con il suo
portafogli come trofeo. Baloi era alla guida della vecchia
Mazda che usava da anni e che, per un rapinatore che sapesse
far di conto, valeva ben poco. Ma allora perché? A cosa
è servito?
Personalmente non sono convinto che l'unica spiegazione
della criminalità sia la disoccupazione. Delinquere è
diventato un lavoro come un altro. Conosco diverse persone
che sono state rapinate a bordo della loro auto, in casa
o per la strada. Alcune sono sopravvissute. Voglio dire
che sono sopravvissute fisicamente, perché nessuno sopravvive
al trauma. Il trauma ti segue passo passo come un'ombra,
giorno e notte, per il resto della vita. Altri, come Baloi,
non sono sopravvissuti.
I loro assassini li hanno lasciati a terra morti e se
la sono svignata chiacchierando allegramente ai loro cellulari
rubati, pianificando un'altra aggressione... sempre che
possa chiamarsi aggressione. In ognuno di questi casi
si è trattato più che altro di una serata qualunque, senza
alcuna premeditazione di natura politica o criminale,
e senza il minimo rimorso. Semplicemente una di quelle
cose che fanno abitualmente i tipi svegli e in gamba che
non hanno di meglio da fare la domenica sera.
Ed eccoci al punto: la criminalità non dipende solo dalla
miseria e dalla disoccupazione. È legata anche a una psicosi
che per migliaia di giovani di questo paese è diventata
un modo di vivere. Le sue radici affondano senz'altro
nelle strutture razziali distorte del Sudafrica. Ma le
sue conseguenze hanno ormai preso il sopravvento su ogni
spiegazione razionale. Violenza e illegalità si sono trasformate
in una bestia autonoma, che agisce come il mostro di Frankenstein
indipendentemente dagli scienziati pazzi che gli hanno
dato la vita. Violenza e illegalità sono diventate fine
a se stesse. O forse è troppo semplicistico?
Be', state a sentire: un amico mi dice che dovrei esaltare
i successi della "repubblica nera". Confrontando la transizione
arcobaleno del Sudafrica al fallimento di Haiti, vedrei
subito che la storia "a lieto fine" ha avuto la meglio
sulla storia "finita male". Lo guardo e lo imploro di
ripensarci. Tanto per cominciare, il Sudafrica non è una
"repubblica nera". È una repubblica con una maggioranza
nera, ma i vantaggi della sua transizione sono ancora
in mano, in massima parte, a quella che un commentatore
ha definito la sua "aristocrazia bianca".
E per come è strutturato il Sudafrica, puoi benissimo
essere un bianco povero e far parte dell'"aristocrazia".
Quanto a Haiti, le violenze endemiche di quel paese si
possono ricondurre interamente a un disegno coloniale
distruttivo, quello di far sentire "scimmie" i neri e
costringerli a rispettare l'"aristocrazia" bianca esattamente
per quello che è: l'incarnazione della "civiltà", qualsiasi
cosa questo significhi.
C'è poco da stupirsi, quindi, se i neri nascono con quella
che i loro connazionali bianchi definiscono sprezzantemente
"la voglia di attaccare briga". Ancor meno sorprendente
è l'assetto ormai generalmente accettato della township
sudafricana: un assetto che, lungi dallo scomparire gradualmente
nel clima del dopo apartheid, va consolidandosi sempre
più. Macché, sono fuori strada, mi rimproverano persone
più anziane e migliori di me. Insistono che Soweto, per
esempio, è una comunità meravigliosa, omogenea e prospera
dove tutti sono felici.
La township sudafricana, prodotto diretto dell'apartheid,
è stata concepita per tenere i neri lontano dagli occhi
e dai pensieri del Sudafrica bianco, e anche del mondo.
Ha tenuto a freno, e continua a farlo, le aspirazioni
dei neri e la loro ascesa sociale. Una situazione da scacco
matto, quindi. I neri ammazzano i neri per sport. Gito
Baloi è stato ucciso in quello che un tempo era il quartiere
degli affari di Johannesburg, la centrale dell'economia
africana, per un motivo semplicissimo: rubargli il portafogli.
Una centrale creativa viene distrutta proprio da quelli
che ne hanno più bisogno.
I partiti politici che partecipano alle elezioni sudafricane
affrontano l'argomento con cautela. Si puntano indici
accusatori, ma nessuno arriva a toccare il punto cruciale:
i killer vengono cresciuti nelle township e nessuno se
ne occupa. Il che li rende ancor più pericolosi, ignoranti,
sciolti dai vincoli che le elezioni dovrebbero invece
stringere. Quindi ci saranno sempre. E noi elettori siamo
davvero pronti ad assumercene la responsabilità? |
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