Fine di un Rais: reazioni incoerenti.
Data: Lunedì, 08 gennaio @ 19:43:32 CET Argomento: Succede nel Mondo
Breve storia del dittatore iracheno e riflessione sulle reazioni pubbliche alla sua condanna.
Nato ad Auja nel 1937, Saddam Hussein si dedica molto presto alla politica del suo paese, unendosi al partito socialista arabo “Bath”; condannato a morte a 22 anni per l’uccisione del leader politico Oasim, ripara prima in Siria e poi al Cairo.
Torna in Iraq nel 1963 e viene eletto vicesegretario del Bath; il futuro Rais si rende protagonista della rivoluzione del ’68, adoperandosi in 2 colpi di stato.
Collaboratore del presidente Ahmed Hasan al Bakr, gli succede nel 1979 come presidente della repubblica e segretario del Bath: iniziano gli anni del Rais.
Da qui la guerra in Iran (1980), l’invasione del Kuwait, la Guerra del Golfo (1991), la famosa campagna di terminazione delle popolazioni curde, tentativi di impedire le ispezioni ONU, minacce di una guerra chimica e una serie di omicidi politici e strategici (anche di familiari).
Nonostante il gravoso embargo posto dalle Nazioni Unite, Saddam mantiene saldo il suo potere (benché il popolo sia alla fame) grazie ai proventi del petrolio, di cui intasca personalmente buona parte degli introiti.
9 aprile 2003: il Rais fugge dalla capitale dopo l’intervento di diversi paesi europei coordinati dagli Usa; viene catturato il 13 dicembre dello stesso anno in una fattoria vicino a Tikrit, nascosto in una buca.
Hussein viene processato dal tribunale iracheno per la strage di Dujail del 1982 e in data 5/11/06 viene condannato, come prevedibile, a morte per impiccagione (secondo le dinamiche decretate dl governo del dittatore stesso). L’esecuzione avviene il 30 dicembre.
Ora, in occasione di quest’ultimo avvenimento, si è riacceso il dibattito sulla pena di morte in Italia e nel mondo.
Certo siamo tutti (o quasi) d’accordo sulla brutalità e disumanità della pena capitale, ma vorrei portare all’attenzione il comportamento a mio avviso poco coerente di opinionisti e politici che in questi giorni hanno fatto sentire la propria voce in merito a ciò (ventilando anche manifestazioni e scioperi della fame).
A questo punto viene forse normale chiedersi: perché solo adesso assistiamo a tanto scandalo mediatico e a tanta indignazione? Perché nessuno protesta per le esecuzioni in Giappone, Corea, Egitto e in tutti i 74 paesi che ancora prevedono la pena di morte?Hanno meno valore le 60 esecuzioni capitali eseguite negli Usa nel 2006? E hanno meno valore le 8-10.000 eseguite in Cina nello stesso anno?
Ci vuole coerenza…
Loste
Riceviamo e pubblichiamo. Grazie Loste!
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