Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto
1970, Italia, 103 min. Regia di Elio Petri con Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Gianni Santuccio, Orazio Orlando, Salvo Randone
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni
sospetto
1970, Italia, 103 min. Regia di
Elio Petri con Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan,
Gianni Santuccio, Orazio Orlando, Salvo Randone.
Il
capo della Squadra Omicidi di Roma ammazza l'invereconda amante e semina volutamente
tracce e indizi per dimostrare che, come garante della Legge e rappresentante
del Potere, è al di sopra di ogni sospetto. Uscito indenne dalle indagini, si
autoaccusa. Invenzione alla Borges per il primo film italiano sulla polizia
con uno straordinario G.M. Volonté. Calibrata costruzione all'americana del
racconto in cui si fondono le due anime, realistica ed espressionistica, di
E. Petri. Sceneggiato con Ugo Pirro, musiche di Ennio Morricone. Oscar 1970
per il film straniero e Nastro d'argento a G.M. Volonté.
Indagine
su un cittadino al di sopra di ogni sospetto è
nato dall'idea mia e di Petri di scrivere ancora un film con un buon ruolo per
Volontè. Fu il suo giudizio entusiastico che ci fece decidere. Indagine nacque
in un clima arroventato, in un momento di grande euforia politica, di grandi
speranze, che entusiasmò sia Petri sia me. Insomma, il film non è proprio immaginabile
in un epoca diversa, cioè dopo o prima del '68. Anche per questo lavoro non
fu un produttore affermato a darci il via. Daniele Senatori, così si chiama,
aveva avuto solo qualche avventura in alcuni film in Inghilterra: tutto sommato
era un produttore "sui generis". però fu lui a darci questo spazio, gli altri
dell'industria titubavano. Durante le riprese ci furono diverse difficoltà finanziarie
e se riuscimmo a ultimarlo fu anche merito di Marina Cicogna, che allora dirigeva
l'Euro International.
Erano da poco state ultimate le riprese
quando ci fu l'attentato di piazza Fontana. Iniziò una grande repressione verso
tutte le formazioni dì estrema sinistra e noi tememmo che il film potesse essere
bocciato dalla censura, se non addirittura sequestrato dalla polizia. La sera
in cui Elio finì il mixage io mi trovavo a una riunione dell'Anac con altri
colleghi tra cui Zavattini, Monicelli, pare ci fosse anche Scola. Andammo insieme
a vedere la prima copia e al termine il loro primo commento fu: "Andate in galera".
Ma erano entusiasti. Cominciarono le preoccupazioni, cercammo appoggi politici,
facemmo vedere il film a Giacomo Mancini e ad altri onorevoli. In quel periodo
c'era la crisi dei governo Rumor e tutti apparvero allarmati dal fatto che se
il film fosse stato bloccato dalla magistratura - cosa che pareva loro più che
probabile - sarebbe successo un mezzo quarantotto. Un paio di sere dopo mangiavamo
con Visconti e discutevamo del film quando nel ristorante arrivò Gian Luigi
Rondi. Era allarmato: pensava che se fosse nato un caso intorno al film sarebbe
caduta addirittura la candidatura di Rumor, che in quel momento egli giudicava
l'unico capace di affrontare le gravi difficoltà del momento. Fu Rondi, credo,
a organizzare una proiezione per alcuni generali di Ps. La visione avvenne nella
massima segretezza, in una saletta della Euro International. Alla fine della
proiezione comparve Marina Cicogna per raccogliere i loro pareri, ma tutti,
appena la scorsero, letteralmente fuggirono nel timore di essere ripresi dai
fotografi.
Il film uscì a Milano. Già al primo spettacolo
la sala rigurgitava di alti ufficiali di polizia. Alla fine se ne andarono inferociti
e si precipitarono a denunciarlo al sostituto procuratore Caizzi. Caizzi, invece,
non ritenne di accettare la denuncia e così Indagine entrò in circuito
divenendo il successo che è stato. Sai che al suo debutto all'Ariston di Roma
si bloccò il traffico per la gran calca. E che per esaudire le richieste di
tutti quelli che premevano alle porte dei cinema, da quel giorno e per molti
giorni, fu fatto uno spettacolo dalle tredici alle quindici e un altro da mezzanotte
alle due. Si, è proprio così. Non si può certo dire che quel nostro film
non abbia riempito le sale! Ma quanto viveva male questi momenti di tensione
Elio! Lui era un uomo di grande emotività e tutto ciò che accadeva intorno a
Indagine lo snervava. Fra l'altro vi fu addirittura chi ci accusò
dì aver fatto un film a favore della polizia. Ne sentimmo e ne leggemmo di tutti
i colori. (Ugo Pirro, sceneggiatore del film insieme
a Elio Petri)
Indagine venne certamente fuori
dalla rabbia. Credo che in Italia ogni cittadino abbia, tuttora, molti conti
da regolare con la polizia e con lo stato, se si pensa al contenuto persecutorio,
punitivo dei nostri rapporti con l'autorità e i suoi rappresentanti. In quell'epoca
la polizia continuava ad ammazzare, e personalmente ero d'accordo fino a un
certo punto con Pasolini e la sua poesia sui poliziotti, perché da ragazzo ero
stato una vittima sistematica di questi figli dei popolo, ne avevo prese tante,
senza mai ridarle. Allora ce le dovevamo tenere, zitti e buoni, conoscevo i
loro bastoni e avevo visto e udito esplodere i loro mitra. Per una gran parte
della mia vita io ricordo sulle strade italiane solo morti operai e morti contadini.
Il film nasceva da un'idea che Pirro e io ci siamo più volte passati, l'idea
dostoevskiana della sfida che un assassino faceva alla giustizia. Il personaggio
divenne, poi, un poliziotto.
E' l'aver rovesciato un tabù, l'aver, cioè, preso un poliziotto come emblema
di criminosità, che ha fatto di Indagine un film politico. Perché invece il
suo lato più interessante riguarda la descrizione di un meccanismo ìnteriore,
che tutti portiamo dentro, quelli che il potere lo esercitano, e anche i sudditi.
Ognuno ha la sua fetta di potere e tende a esercitarla in modo autoritario,
poiché dentro di noi è disegnata una società repressiva che domanda continuamente
una presenza patema, facendo di tutti noi dei bambini. Per questo aspetto il
film era uno studio di comportamenti sociopsicologici. Con questo non voglio
diminuirne l'impatto politico, anzi voglio sottolinearlo, anche se molti critici
extraparlamentari lo accusarono subito di essere una pellicola al servizio della
polizia (a causa del suo successo).
lo credo che se Indagine ottiene ancora
consensi è perché in esso c'è qualcosa che riguarda la nostra interiorità; in
noi stessi quel personaggio è duro a morire. Posso spiegarmi il ripetuto successo
televisivo del film solo così; altrimenti, se uno pensa alla difficile vita
attuale dei poliziotti, e anche al logoramento cui è stata sottoposta la figura
del poliziotto a partire da quell'epoca, il film dovrebbe sembrare antidiluviano.
Poi, forse, nel film c'è un'aria storica. In quel periodo i film si facevano
sull'onda di grandi movimenti di massa, non erano gesti solitari, come oggi.
Forse, nel film, c'è il clima duro di quegli anni di speranza. Per il ruolo
femminile scelsi la Bolkan. Mi parve che la sua figura sofisticata e al tempo
stesso animalesca giovasse al personaggio, ch'era ambìguo, chera quello d'una
donna che poteva essere un'impiegata, come una prostituta, o una mantenuta.
Florinda ha un'apparenza asessuale che risulta, invece, assai sensuale. E questi
suoi caratteri funzionarono bene accanto a Volontè. Lei naturalissima, lui tutto
studio, calcolo, proprio il contrario della naturalezza. (Elio Petri,
regista e sceneggiatore del film)
Con Petri ho fatto tre film. Petri aveva una cifra
che a me piace moltissimo. una cifra che oscilla tra l'espressionismo e il tentativo
di fare uscire il cinema dalla palude del reale muovendo verso l'immaginario.
Quelle che ha fatto Petri, cioè, sono sempre delle grosse esperienze, è l'autore
che ha osato di più e che probabilmente ha pagato anche dei prezzi perché osare
è difficilissimo. sempre. La cifra di Rosi è tutta diversa, invece, ma si è
parlato già tanto di questi due autori e poi non è il mio mestiere farlo o dare
loro una collocazione critica, ci sono libri che parlano di entrambi in questa
chiave e quindi chi vuole se li legga... lo posso soltanto dire che si tratta
di due autori molto diversi e che le esperienze che ho fatto sia con l'uno sia
con l'altro le ho fatte come sono solito, cioè cercando di capire il segno che
loro intendevano dare a un determinato film e quindi lo sforzo é stato quello
di ricondurre la specificità dell'attore all'interno di una lettura del film
che é quella dell'autore e che poi, tra l'altro, varia da film a film in un
processo che non si ripete (Gian Maria Volontè, attore
protagonista)
Il mio incontro con Elio Petri non fu facile.
Antonìo Gabrielli, il suo aiuto, era convinto che io avrei potuto fare Antonio
Pace in Indagine. Ci ìncontrammo per caso da Canova
a piazza del Popolo. Ero con Luisa De Santis, che Elio conosceva fin da bambina,
quando lui era l'assistente di Peppe De Santis, e io restai lì impalato, troppo
orgoglioso e insicuro per chiedere notizie del film, ma anche già troppo "attore"
per non darvi peso. Con Pasolini ero stato un principe, con Petri avrei fatto
uno studente: il primo barbarico, innocente, vittima sacrificata, il secondo
doveva essere invece un contemporaneo, strafottente, un futuro dirigente. Dovevo
"recitare", magari ispirarmi a quegli studenti che a Venezia nel '68 vedevo
comandare e trascinare le assemblee durante le occupazioni. Con Gian Maria Volontè
ci fu una prova, prima di girare la scena chiave dell'interrogatorio. Fu un
macello. Non ero niente. Ero in crisi nera.
Elio lo capì, ma non aggravò la situazione:
non potendomi dirigere, mi lasciò andare, completamente libero. La scena vera
fu girata come un duello westem: Elio non mi chiedeva nessuna intonazione, ma
di urlare le mie battute semplicemente, verso il commissario, a raffica. Ci
scontravamo a metà della stanza, e Gian Maria mi mollava un paio di sberle volutamente
non molto recitate, e mi sbatteva contro la parete. La ripetemmo quattro o cinque
volte aumentando ogni volta l'agonismo e diminuendo la finzione. Alla fine di
ogni round Volontè mi chiedeva scusa, ma io lo invitavo a aumentare la dose,
dato che a quel punto, come disse un giorno un tale, "la faccia non apparteneva
più a me, ma al Cinema". (Sergio Tramonti,
attore)
Mi è stato rimproverato il carattere schematico
dei personaggi, ed è stata un'osservazione abbastanza giusta. Lui è l'autorità;
leì, la donna borghese che vive in modo non convenzionale, ci rappresenta un
po' tutti come ammiratrice dell'autorità e come vittima dell'autorità, in questo
rapporto Masoch-Sade con Masoch che ammira Sade. In questo gioco schematico
e popolare di simboli, lo studente rappresenta il testimone. Nel film, il testimone
si trova dì fronte a un'alternativa: denuncìare il commissario e dunque sviluppare
un'azione politica su questo tema, oppure utilizzare tatticamente questo difetto
dei sistema secondo il principio della politica del peggio e sviluppare una
politica in un'altra direzione. Io sono per la prima soluzione, per la denuncia
sistematica contro ogni ingiustizia, non sono per la politica del peggìo. t
stato anche criticato tutto l'agitarsi di questi personaggi nel sotterraneo,
gli studenti arrestati, ma l'idea mi era venuta assistendo alle riunioni dei
movimento studentesco che erano esattamente così, un gran chiasso, una volontà
di non intendersi, senza comprendere che il rispetto di certe regole avrebbe
portato a risultati concreti. Naturalmente ho forzato la situazione, ho messo
questa gente in un sotterraneo, guardata a vista dalla polizia: e in questa
situazìone umana di prigionieri politici li ho mostrati già divisi, subito.
Ma questo è un "classico" della sinistra ìtaliana! Non volevo affatto deridere
gli studenti, perché anzi credevo che il movimento studentesco fosse il fatto
più rivoluzionario avvenuto in Italia dopo la guerra (Elio Petri).