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Re: DECANTER il nuovo album dei SULUTUMANA (Voto: 1)
di diavoletta il Martedì, 17 maggio @ 16:01:36 CEST

da "La Provincia di Como", 17/05/2005

I Sulutumana fanno rotta sulla terra del rock «Decanter», il terzo
disco della band lariana, rappresenta un nuovo inizio dovuto
all'arrivo di Cereghini alla batteria Una diversa alchimia che
influisce sulle sonorità dell'album anche se lo spirito del gruppo è
sempre ben riconoscibile

Fin dai tempi più antichi, da quando l'album è stato l'Album con la a
maiuscola, non una semplice raccolta di canzoni sparse ma un progetto
unitario, una vera e propria opera d'arte, il terzo tentativo è, da
sempre, un problema non da poco. Perché nel primo si riversano anni
di esperienza compositiva, canzoni che, magari, hanno dovuto
attendere un lustro per arrivare alla registrazione, idee fulminanti
che portano a compimento spunti nati tanto tempo prima. Nel secondo,
invece, confluiscono le ultime gocce rimaste fuori da quella prima
esperienza, spunti più maturi perché nati già pensando alla
registrazione, suoni sviluppati sul palcoscenico nell'aumentare di
serate dove sperimentare. Ma nel terzo? «The difficult third album»,
dicono gli anglosassoni ma questo, problema, a quanto pare, a quanto
si ascolta, non ha attanagliato i Sulutumana che hanno riversato le
loro nuove canzoni nel Decanter per lasciarle riposare perché
respirassero e, a contatto con l'aria, emanassero tutto il loro
aroma. Per certi versi questo disco è un nuovo inizio. Innanzitutto
per una rivoluzione non da poco all'interno della formazione: c'è un
nuovo batterista in carica. È Samuel Elazaar Cereghini che è
musicista, certo, meno rigoroso e più "sperimentatore" del suo
predecessore, Antonello Matzutzi. Quel suono era parte integrande del
gruppo e si è levata più di una voce preoccupata alla notizia del
cambio della guardia. In realtà non si è trattato di un
avvicendamento. Per certi versi è come se i Sulutumana avessero
cambiato uno strumento con un altro: Cereghini non vuole suscitare
confronti bensì offrire quello che i suoi anni passati a ricercare, a
sviluppare suoni e ritmi, può apportare alla band. Che ha perso, pur
momentaneamente, i fiati e le percussioni di Angelo Galli,
affidandosi per qualche pezzo ad amici come Pepe Ragonese (tromba),
Mauro Capitale (sassofoni) e Simone Mauri (clarinetti) ma trovando,
per forza di cose, maggior compattezza interna. Ecco perché forse non
è un errore dire che questo è il disco più rock dei Sulutumana, non
per un'immprovvisa decisione, non per un calcolato mutamento ma per
una nuova attitudine, una differente alchimia che è andata, ancora
una volta, a mescolargli le carte, rendendo impossibile giocare,
ancora, una partita già vista. Si parte con Anam-ji, liberamente
ispirata a Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani, che si
sviluppa da uno spunto che pare un borbottio per aprirsi in soluzioni
molto ampie che portano a un momento percussivo che è la vera e
propria presentazione di Cereghini oltre che la colonna sonora delle
atmosfere vissute dai Sulutumana in giro per il Mediterraneo l'anno
passato. L'amore per il jazz si fa sentire prepotentemente ne Il tuo
culo che cita Leo Ferré nel titolo ma anche e soprattutto Django
Reinhardt nelle evoluzioni chitarristiche di Michele Bosisio che
sovrappone la sua voce a quella, sempre calda ed espressiva (oltre ad
acquistare in maturità con il passare degli anni) di Gian Battista
Galli. Da grandi è, a tutti gli effetti, il primo pezzo "moderno" del
gruppo. Nadir Giori abbraccia ancora una volta il basso elettrico per
condurre un brano evocativo dove il piano acustico di Francesco
Andreotti rappresenta un sicuro punto di contatto con il passato
mostrando, contemporaneamente, una possibile rotta futura. Più
intimista la notturna Carosello, affidata alla voce e all'acustica di
Bosisio con efficaci effetti a colorar lo sfondo. Volano lontano è
ancora rock, morbido rock. Non si stupisca chi legge queste parole:
lo spirito dei Sulutumana è sempre ben riconoscibile. Solo ha
ampliato il suo raggio. Questa è una ballad che pubblicata da un
gruppo già celebre si troverebbe nelle classifiche e si canterebbe
con gli accendini accesi (anche se, sicuramente, l'arrangiamento
sarebbe più semplice e meno elaborato). Parole strappate alla
tradizione per la raffinata Inverno in fiore che cede il passo alla
colorata, quasi caraibica La scopa della strega. Più complessa, pure
se ironica, Il posto che nessuno ha conosciuto. Se Amore d'Egitto
riesplode tutto il calore del Mediterraneo presente anche in Ante
Mare, unico brano già noto della raccolta. Rielaborato dall'originale
che rivisitava una partitura di Karl Ditters Von Dittersdorf, si
giova delle numerose esecuzioni e riletture effettuate in quei giorni
che ne hanno nobilitato lo spirito musicale. Un passo avanti, senza
voltarsi indietro ma senza nulla rinnegare.

Alessio Brunialti

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