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Cyberdissidenti
Postato il Giovedì, 24 giugno @ 08:51:11 CEST
Argomento: Vagabondando in Rete ho trovato...

A qualche giorno dall'uscita del rapporto di Reporters sans frontières vi segnaliano una storia che arriva dall'estremo oriente - di Giovy

Qualche giorno fa gironzolavo per qualche pagina web in cerca di informazioni e mi sono imbattuta nell'editoriare di una giornalista della redazione di Libero.it che raccontava quanto segue qui sotto. Si è conclusa con un rilascio anticipato la vicenda del cyberdissidente vietnamita Le Chi Quang. L'uomo, un 34enne tecnico informatico, era stato condannato a 4 anni ma il regime ha annunciato la sua liberazione con due anni di anticipo. Le manette scattarono nel novembre del 2002, motivo: "azioni contro lo Stato". Il governo ha fatto sapere che è stato liberato per ragioni umanitarie, dopo aver chiesto un atto di clemenza e aver confessato i suoi "crimini" promettendo di non tornare a violare la legge. Quang soffrirebbe di una grave infermità fisica. Per lui si era mossa anche Anmesty International. Il Vietnam è tra i Paesi dell'Estremo Oriente dove il controllo sull'accesso alle pagine internet è più rigido. Tramite firewall sono stati bloccati circa 2mila siti, per la maggior parte con contenuto politico opornografico. Poco più di una settimana fa il ministero della Cultura ha emanato un'ordinanza che impone ai proprietari degli internet café di fornire la lista delle pagine online visitate dai clienti, insieme agli estremi dei documenti d'identità o ai dati della carta di credito. In questo modo saranno individuati con facilità gli internauti che hanno navigato su siti ritenuti "inappropriati" dal regime. Dopo la vicenda vietnamita eccone una che proviene dalla Cina, arcinota per la repressione ai cyber dissidenti. L'ultimo caso alla ribalta delle cronache di mezzo mondo è quello di Du Daobin, un impiegato 40enne, colpevole di aver diffuso online degli scritti critici nei confronti del Partito Comunista Cinese e favorevoli invece alla democrazia. L'uomo è stato tra i promotori di una campagna sul web per la liberazione della studentessa Liu Di. (Liu Di è una studentessa di 22 anni accusata per aver espresso pubblicamente tramite web critiche contro le restrizioni sulle comunicazioni imposte dal Governo Cinese). Lo scorso febbraio la magistratura aveva respinto la richiesta di incriminare l'impiegato per sovversione, affermando che le prove raccolte contro di lui non erano sufficienti a costituire un processo. La polizia ha perciò consegnato ai giudici il testo di un discorso di Daobin agli studenti del Huazhong Normal College e in seguito Daobin è stato incriminato per "incitamento a sovvertire i poteri dello stato". L'11 giugno è stata resa nota la sentenza: 3 anni di carcere con una sentenza "sospesa" . Ciò significa che il dissidente nel frattempo è stato rilasciato e dovrà scontare la pena in futuro, salvo che nel frattempo non subentrino nuovi fattori che gli consentano di restare in libertà. Il dissidente, secondo quanto riferito dall'agenzia Nuova Cina, ha confessato le sue attività criminali che consistono nell'aver diffuso, tra maggio 2002 e ottobre 2003, 26 articoli su internet. Tutto sommato il provvedimento si è rivelato mite rispetto a quelli pronunciati nei confronti di altri dissidenti, che arrivavano fino a 11 anni di reclusione. La giustificazione di tanta magnanimità da parte dei giudici sta nel fatto che l’imputato ha collaborato durante il processo. Intanto sulla scia del processo Daobin, proseguono le iniziative del governo per controllare al massimo la rete, questa volta servendosi della rete stessa. La Cina ha da poco inaugurato un nuovo sito che invita i navigatori a riferire alle autorità qualsiasi "informazione illegale o malsana" che circoli online. Il governo cinese spiega che lo scopo è soprattutto quello di proteggere i navigatori da pornografia e altro materiale offensivo, assicurando ai delatori il rispetto della loro identità mentre gli operatori incriminati saranno invitati a rimuovere il materiale in rete. In molti però temono che questa sia solo l'ennesimo tentativo di sopprimere ogni forma d'opposizione.

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