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INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO - 1970, Italia, 103 min. -
Postato il Venerdì, 23 aprile @ 06:00:00 CEST
Argomento: La Cineteca dei Rambler
La Cineteca dei RamblerIndagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto 1970, Italia, 103 min. Regia di Elio Petri con Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Gianni Santuccio, Orazio Orlando, Salvo Randone

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

1970, Italia, 103 min. Regia di Elio Petri con Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Gianni Santuccio, Orazio Orlando, Salvo Randone.

Il capo della Squadra Omicidi di Roma ammazza l'invereconda amante e semina volutamente tracce e indizi per dimostrare che, come garante della Legge e rappresentante del Potere, è al di sopra di ogni sospetto. Uscito indenne dalle indagini, si autoaccusa. Invenzione alla Borges per il primo film italiano sulla polizia con uno straordinario G.M. Volonté. Calibrata costruzione all'americana del racconto in cui si fondono le due anime, realistica ed espressionistica, di E. Petri. Sceneggiato con Ugo Pirro, musiche di Ennio Morricone. Oscar 1970 per il film straniero e Nastro d'argento a G.M. Volonté.

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto è nato dall'idea mia e di Petri di scrivere ancora un film con un buon ruolo per Volontè. Fu il suo giudizio entusiastico che ci fece decidere. Indagine nacque in un clima arroventato, in un momento di grande euforia politica, di grandi speranze, che entusiasmò sia Petri sia me. Insomma, il film non è proprio immaginabile in un epoca diversa, cioè dopo o prima del '68. Anche per questo lavoro non fu un produttore affermato a darci il via. Daniele Senatori, così si chiama, aveva avuto solo qualche avventura in alcuni film in Inghilterra: tutto sommato era un produttore "sui generis". però fu lui a darci questo spazio, gli altri dell'industria titubavano. Durante le riprese ci furono diverse difficoltà finanziarie e se riuscimmo a ultimarlo fu anche merito di Marina Cicogna, che allora dirigeva l'Euro International.
Erano da poco state ultimate le riprese quando ci fu l'attentato di piazza Fontana. Iniziò una grande repressione verso tutte le formazioni dì estrema sinistra e noi tememmo che il film potesse essere bocciato dalla censura, se non addirittura sequestrato dalla polizia. La sera in cui Elio finì il mixage io mi trovavo a una riunione dell'Anac con altri colleghi tra cui Zavattini, Monicelli, pare ci fosse anche Scola. Andammo insieme a vedere la prima copia e al termine il loro primo commento fu: "Andate in galera". Ma erano entusiasti. Cominciarono le preoccupazioni, cercammo appoggi politici, facemmo vedere il film a Giacomo Mancini e ad altri onorevoli. In quel periodo c'era la crisi dei governo Rumor e tutti apparvero allarmati dal fatto che se il film fosse stato bloccato dalla magistratura - cosa che pareva loro più che probabile - sarebbe successo un mezzo quarantotto. Un paio di sere dopo mangiavamo con Visconti e discutevamo del film quando nel ristorante arrivò Gian Luigi Rondi. Era allarmato: pensava che se fosse nato un caso intorno al film sarebbe caduta addirittura la candidatura di Rumor, che in quel momento egli giudicava l'unico capace di affrontare le gravi difficoltà del momento. Fu Rondi, credo, a organizzare una proiezione per alcuni generali di Ps. La visione avvenne nella massima segretezza, in una saletta della Euro International. Alla fine della proiezione comparve Marina Cicogna per raccogliere i loro pareri, ma tutti, appena la scorsero, letteralmente fuggirono nel timore di essere ripresi dai fotografi.
Il film uscì a Milano. Già al primo spettacolo la sala rigurgitava di alti ufficiali di polizia. Alla fine se ne andarono inferociti e si precipitarono a denunciarlo al sostituto procuratore Caizzi. Caizzi, invece, non ritenne di accettare la denuncia e così Indagine entrò in circuito divenendo il successo che è stato. Sai che al suo debutto all'Ariston di Roma si bloccò il traffico per la gran calca. E che per esaudire le richieste di tutti quelli che premevano alle porte dei cinema, da quel giorno e per molti giorni, fu fatto uno spettacolo dalle tredici alle quindici e un altro da mezzanotte alle due. Si, è proprio così. Non si può certo dire che quel nostro film non abbia riempito le sale! Ma quanto viveva male questi momenti di tensione Elio! Lui era un uomo di grande emotività e tutto ciò che accadeva intorno a Indagine lo snervava. Fra l'altro vi fu addirittura chi ci accusò dì aver fatto un film a favore della polizia. Ne sentimmo e ne leggemmo di tutti i colori. (Ugo Pirro, sceneggiatore del film insieme a Elio Petri)

Indagine venne certamente fuori dalla rabbia. Credo che in Italia ogni cittadino abbia, tuttora, molti conti da regolare con la polizia e con lo stato, se si pensa al contenuto persecutorio, punitivo dei nostri rapporti con l'autorità e i suoi rappresentanti. In quell'epoca la polizia continuava ad ammazzare, e personalmente ero d'accordo fino a un certo punto con Pasolini e la sua poesia sui poliziotti, perché da ragazzo ero stato una vittima sistematica di questi figli dei popolo, ne avevo prese tante, senza mai ridarle. Allora ce le dovevamo tenere, zitti e buoni, conoscevo i loro bastoni e avevo visto e udito esplodere i loro mitra. Per una gran parte della mia vita io ricordo sulle strade italiane solo morti operai e morti contadini. Il film nasceva da un'idea che Pirro e io ci siamo più volte passati, l'idea dostoevskiana della sfida che un assassino faceva alla giustizia. Il personaggio divenne, poi, un poliziotto.
E' l'aver rovesciato un tabù, l'aver, cioè, preso un poliziotto come emblema di criminosità, che ha fatto di Indagine un film politico. Perché invece il suo lato più interessante riguarda la descrizione di un meccanismo ìnteriore, che tutti portiamo dentro, quelli che il potere lo esercitano, e anche i sudditi. Ognuno ha la sua fetta di potere e tende a esercitarla in modo autoritario, poiché dentro di noi è disegnata una società repressiva che domanda continuamente una presenza patema, facendo di tutti noi dei bambini. Per questo aspetto il film era uno studio di comportamenti sociopsicologici. Con questo non voglio diminuirne l'impatto politico, anzi voglio sottolinearlo, anche se molti critici extraparlamentari lo accusarono subito di essere una pellicola al servizio della polizia (a causa del suo successo).
lo credo che se Indagine ottiene ancora consensi è perché in esso c'è qualcosa che riguarda la nostra interiorità; in noi stessi quel personaggio è duro a morire. Posso spiegarmi il ripetuto successo televisivo del film solo così; altrimenti, se uno pensa alla difficile vita attuale dei poliziotti, e anche al logoramento cui è stata sottoposta la figura del poliziotto a partire da quell'epoca, il film dovrebbe sembrare antidiluviano. Poi, forse, nel film c'è un'aria storica. In quel periodo i film si facevano sull'onda di grandi movimenti di massa, non erano gesti solitari, come oggi. Forse, nel film, c'è il clima duro di quegli anni di speranza. Per il ruolo femminile scelsi la Bolkan. Mi parve che la sua figura sofisticata e al tempo stesso animalesca giovasse al personaggio, ch'era ambìguo, chera quello d'una donna che poteva essere un'impiegata, come una prostituta, o una mantenuta. Florinda ha un'apparenza asessuale che risulta, invece, assai sensuale. E questi suoi caratteri funzionarono bene accanto a Volontè. Lei naturalissima, lui tutto studio, calcolo, proprio il contrario della naturalezza. (Elio Petri, regista e sceneggiatore del film)

Con Petri ho fatto tre film. Petri aveva una cifra che a me piace moltissimo. una cifra che oscilla tra l'espressionismo e il tentativo di fare uscire il cinema dalla palude del reale muovendo verso l'immaginario. Quelle che ha fatto Petri, cioè, sono sempre delle grosse esperienze, è l'autore che ha osato di più e che probabilmente ha pagato anche dei prezzi perché osare è difficilissimo. sempre. La cifra di Rosi è tutta diversa, invece, ma si è parlato già tanto di questi due autori e poi non è il mio mestiere farlo o dare loro una collocazione critica, ci sono libri che parlano di entrambi in questa chiave e quindi chi vuole se li legga... lo posso soltanto dire che si tratta di due autori molto diversi e che le esperienze che ho fatto sia con l'uno sia con l'altro le ho fatte come sono solito, cioè cercando di capire il segno che loro intendevano dare a un determinato film e quindi lo sforzo é stato quello di ricondurre la specificità dell'attore all'interno di una lettura del film che é quella dell'autore e che poi, tra l'altro, varia da film a film in un processo che non si ripete (Gian Maria Volontè, attore protagonista)

Il mio incontro con Elio Petri non fu facile. Antonìo Gabrielli, il suo aiuto, era convinto che io avrei potuto fare Antonio Pace in Indagine. Ci ìncontrammo per caso da Canova a piazza del Popolo. Ero con Luisa De Santis, che Elio conosceva fin da bambina, quando lui era l'assistente di Peppe De Santis, e io restai lì impalato, troppo orgoglioso e insicuro per chiedere notizie del film, ma anche già troppo "attore" per non darvi peso. Con Pasolini ero stato un principe, con Petri avrei fatto uno studente: il primo barbarico, innocente, vittima sacrificata, il secondo doveva essere invece un contemporaneo, strafottente, un futuro dirigente. Dovevo "recitare", magari ispirarmi a quegli studenti che a Venezia nel '68 vedevo comandare e trascinare le assemblee durante le occupazioni. Con Gian Maria Volontè ci fu una prova, prima di girare la scena chiave dell'interrogatorio. Fu un macello. Non ero niente. Ero in crisi nera.
Elio lo capì, ma non aggravò la situazione: non potendomi dirigere, mi lasciò andare, completamente libero. La scena vera fu girata come un duello westem: Elio non mi chiedeva nessuna intonazione, ma di urlare le mie battute semplicemente, verso il commissario, a raffica. Ci scontravamo a metà della stanza, e Gian Maria mi mollava un paio di sberle volutamente non molto recitate, e mi sbatteva contro la parete. La ripetemmo quattro o cinque volte aumentando ogni volta l'agonismo e diminuendo la finzione. Alla fine di ogni round Volontè mi chiedeva scusa, ma io lo invitavo a aumentare la dose, dato che a quel punto, come disse un giorno un tale, "la faccia non apparteneva più a me, ma al Cinema". (Sergio Tramonti, attore)

Mi è stato rimproverato il carattere schematico dei personaggi, ed è stata un'osservazione abbastanza giusta. Lui è l'autorità; leì, la donna borghese che vive in modo non convenzionale, ci rappresenta un po' tutti come ammiratrice dell'autorità e come vittima dell'autorità, in questo rapporto Masoch-Sade con Masoch che ammira Sade. In questo gioco schematico e popolare di simboli, lo studente rappresenta il testimone. Nel film, il testimone si trova dì fronte a un'alternativa: denuncìare il commissario e dunque sviluppare un'azione politica su questo tema, oppure utilizzare tatticamente questo difetto dei sistema secondo il principio della politica del peggio e sviluppare una politica in un'altra direzione. Io sono per la prima soluzione, per la denuncia sistematica contro ogni ingiustizia, non sono per la politica del peggìo. t stato anche criticato tutto l'agitarsi di questi personaggi nel sotterraneo, gli studenti arrestati, ma l'idea mi era venuta assistendo alle riunioni dei movimento studentesco che erano esattamente così, un gran chiasso, una volontà di non intendersi, senza comprendere che il rispetto di certe regole avrebbe portato a risultati concreti. Naturalmente ho forzato la situazione, ho messo questa gente in un sotterraneo, guardata a vista dalla polizia: e in questa situazìone umana di prigionieri politici li ho mostrati già divisi, subito. Ma questo è un "classico" della sinistra ìtaliana! Non volevo affatto deridere gli studenti, perché anzi credevo che il movimento studentesco fosse il fatto più rivoluzionario avvenuto in Italia dopo la guerra (Elio Petri).


 
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Karl (Voto: 1)
di magen1234 il Sabato, 06 dicembre @ 14:04:32 CET
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